Bologna - "Le riforme non si possono fare rompendo a sinistra con Vendola. E le amministrative hanno dimostrato che il nostro progetto di alleanze sta mettendo radici perché il fallimento del berlusconismo sta già portando elettorati di diversa estrazione a mischiarsi fra loro". In una intervista al Messaggero, il vicepresidente dei senatori del Partito democratico, Nicola Latorre, traccia - forse con troppo ottimismo - un futuro radioso per quel "laboratorio dell'alternativa" che dovrebbe formare la nuova coalizione della sinistra. Ma al primo appuntamento che ha portato a confrontarsi, dopo la vittoria incassata alle amministrative, i leader dei tre principali soggetti politici il risultato è abbastanza deludente. Anzi. Ancora una volta si fanno evidenti le fratture interne alla coalizione.
Sabato sera Antonio Di Pietro, Nichi Vendola e Rosi Bindi hanno calcato il palco di piazza XX settembre a Bologna dove si celebravano i 110 anni della Fiom. I tre leader arrivano dopo allo show organizzato venerdì sera da Michele Santoro. Una tavola rotonda per ribadire che il centrosinistra è unito e che presto lavorerà per esprimere il futuro leader e il programma di governo. Si sentono già vincitori, spinti dal vento che cambia. "L’opposizione sui temi di fondo è unita - spiega il leader del Sel - ci unisce un popolo che è quello che ci ha fatto vincere nelle amministrative e nei referendum". Dire che l'opposizione è unita è un eufemismo. Non lo è sul programma, ma tantomeno sulla futura leadership. Se il Pd punta (anche se non in modo del tutto convinto) su Pier Luigi Bersani, l'Idv arriva a "rispolverare" Romano Prodi e il Sel preme su Vendola. Sarà l'elettorato a decidere, dicono. Sta di fatto che Walter Veltroni ha detto apertamente "no" a Vendola.
Anche Massimo D'Alema scende in campo per preservare la tenuta dei Democratici. "Le primarie non le facciamo per scegliere il capo della sinistra, le facciamo per scegliere il candidato a governare l’Italia - spiega al direttore del Post, Luca Sofri - perché in lui l’ansia delle primarie risponde secondo me a un’esigenza un po' diversa: Nichi pensa, attraverso le primarie, di affermare una sua leadership personale". Secondo l’esponente piddì, prima viene la discussione con il paese e tra le forze politiche di un progetto: "E' infinitamente ragionevole che il paese sia guidato dal leader del più grande partito italiano". Per questo D'Alema stostiene Bersani: "Ha uno stile politico che lo ha tenuto sempre lontano dagli eccessi di personalismo e di riscontri personali".
Il problema non è solo legato alla leadership. Per quella sceglierebbero gli elettori, appunto. Anche sulle alleanze le distanze si stanno facendo sempre più imponenti. Alla kermesse della Fiom, la Bindi (Bersani assente con giustificazione) guarda alla sinistra radicale, ma sembra preferire i centristi del Terzo Polo. Ma deve fare i conti con Vendola che è sdegnato dalle avances all'Udc Casini. Di Pietro prende tempo: anche nei nuovi panni del "moderato" non nasconde infatti che il fine primo è mandare a casa il governo. Tanto che, per il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi, è meglio il voto che tirare a campare: "L’Italia non può più permettersi un governo a mezzo servizio, c’è bisogno di misure strutturali per affrontare la crisi economica e l’emergenza lavoro".
Ora che a Pontida la Lega ha spiazzato il centrosinistra, Bersani & Co. si trovano a dover ricompattare la coalizione. Operazione piuttosto difficile se il Pd non lascerà la mano a Vendola spostando così il baricentro dell'alleanza sempre più a sinistra. D'Alema ci tiene a ricordare che il Pd propone una "larga alleanza democratica" ricostruire il Paese.
"Le elezioni hanno dimostrato che questa linea politica funziona benissimo", ribadisce il presidente del Copasir senz, però, tener presente che alle amministrative il Pd è riuscito a "vincere" coi candidati degli altri partiti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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