Dall’Europa uno schiaffone all’Italia

Assegnati alla coppia Polonia-Ucraina i campionati continentali 2012

Dall’Europa uno schiaffone all’Italia

Cardiff - Abbiamo perso e perso male. 8 a 4. Il verdetto umiliante dell'esecutivo Uefa ha premiato Polonia e Ucraina e bastonato l'Italia e il suo calcio, considerato fino a martedì sera il gran favorito di Cardiff. Euro 2012 è finito così a molti chilometri di distanza da Roma e Milano e con quell'evento da organizzare, sono volati via anche i 5 miliardi di euro, valore complessivo dell'impresa. Una robusta spinta verso il declino. Il risultato è stato deciso al primo scrutinio (0 voti per Croazia-Ungheria), senza incertezze, allora. Un dirigente svizzero, di Lugano, incaricato dello scrutinio, ha fatto in fretta a redigere il verbale sigillato in una busta consegnata al presidente Platini. Identificati al volo i quattro esponenti che hanno votato per l'Italia: il tedesco, il turco, lo spagnolo e Michel, il presidente rimasto «spiazzato» dalla rimonta dell'Ucraina, soluzione tra l'altro gradita a Blatter imparentato con una polacca. «È stata una sorpresa» il commento di Michel a cerimonia conclusa. Ha colto in contropiede anche lui quel plebiscito per due Paesi che devono uscire dall'isolamento politico ed economico. «Forse l'Italia non ha avuto il tempo per schierare tutto il Paese dietro la candidatura», l'altra frase di Platini. «Molti han capito che l'unico interesse italiano fosse destinato a rifare gli stadi» l'altra denuncia di Michel. Che alla fine se l'è cavata con una battuta delle sue, fulminanti: «E poi sui giornali italiani c'era più spazio per lo scudetto dell'Inter che per questo appuntamento». Come dire: l'interesse popolare, era ridotto.

Tutto vero, d'accordo. Ma c'è dell'altro, da spiegare e da raccontare per ricostruire la terribile sconfitta rimediata ieri mattina dalla diplomazia italiana. La Melandri s'è lasciata tradire per un attimo dall'emozione: le sono scappate via sul viso un paio di lacrimoni, sinceri. Tutti gli altri dirigenti sono rimasti senza parole, pronti solo a scendere in fretta dal carro degli sconfitti. Matarrese ha dettato: «Sono rimasto spettatore dinanzi a questo disastro». Carraro ha battuto in ritirata: «Da dieci mesi non abbiamo fatto più lobbing». A Kiev e a Varsavia sono addirittura scesi in piazza per festeggiare l'evento. Da noi l'annuncio sarebbe passato inosservato.

L'Italia del calcio e non è stata sconfitta da un signore di Kiev, oltre che dalla regia, dietro le quinte, del potentissimo Blatter. Il grande goleador dell'operazione è diventato, a sorpresa, uno spericolato dirigente ucraino, molto amico del premier e di Shevchenko, Surkis si chiama, componente dell'esecutivo. I pettegolezzi lo hanno descritto come un Babbo Natale fuori stagione per i grandi doni portati e gli importanti investimenti realizzati pur di strappare un consenso in più. Chiacchiere? Non solo. Di sicuro nella notte decisiva tra martedì e ieri mattina, gli è riuscito un clamoroso ribaltone. E a portare dalla sua parte i tre voti che mancavano all'appello: il maltese, il portoghese, il romeno, secondo talune segnalazioni. Noto fin dai giorni passati, il voto contrario all'Italia dell'inglese Thomson, in rotta con Carraro. All'ora di colazione, ieri mattina, Surkis era il ritratto della felicità. La notte ha giocato a suo favore, e c’è chi favoleggia di una notte da dolce vita negli alberghi di Cardiff. Pettegolezzi. Speriamo. Surkis ha salutato con un ghigno Carraro dinanzi all'ascensore. E il dirigente italiano ha capito al volo l'antifona. Carraro è stato il primo, scuotendo la testa, a dare il triste annuncio alla delegazione italiana prima dell'apertura della busta. «Ministro hanno deciso al primo scrutinio: o abbiamo vinto oppure ci hanno preparato il trappolone». Giusta la seconda ipotesi.

Molti fattori hanno contribuito a confezionare questa terribile mazzata sul calcio italiano e sul Paese intero, come ha ricordato Giancarlo Abete, il presidente della federcalcio.

Gli scandali, naturalmente. E poi gli effetti perversi della violenza, dalla morte di Raciti in avanti. E infine il profilo basso scelto dal governo nella vicenda. La svolta di Platini inferta alla rotta dell'Uefa spinta verso un socialismo calcistico (togliere ai ricchi per dare ai Paesi poveri), ha fatto il resto. E ha consentito a due Paesi con stadi piccoli e nemmeno serviti bene, di puntare il proprio rilancio sulla data di euro 2012. Noi, nel frattempo, non siamo riusciti neanche a decidere sulla Tav. Complimenti a tutti.

E per capire come la mazzata abbia lasciato il segno, basta guardare le facce stranite della delegazione italiana. L'epitaffio è confezionato da Giancarlo Abete, presidente della federcalcio dal 2 aprile. È uno specialista nel dire e non dire, mai una presa di posizione dura e pura. «È una sconfitta del nostro paese come capacità di proporsi»: il giudizio che gli esce dopo 20 minuti impiegati a circumnavigare intorno alla questione fondamentale. Cosa non ha funzionato nella candidatura Italia? «Ve l'avevo detto, abbiamo sbagliato a votare Johansson agli europei, dovevamo schierarci dalla parte di Platini», lo sfogo di Carlo Tavecchio, presidente della Lega dilettanti, uno dei 32 esponenti arrivati a Cardiff al seguito di una clamorosa beffa. Non ha capito che, subito dopo l'Italia, è Michel Platini il grande sconfitto. A casa sua comanda Blatter: l'hanno capito tutti. «Dobbiamo prendere atto che nella storia dell'Uefa c'è stato un cambiamento epocale a favore dei paesi ultimi» è la convinzione di Antonio Matarrese. Un tempo, ai suoi tempi, sarebbe bastato l'accordo delle grandi e storiche federazioni per ottenere di slancio, e sulla fiducia, l'assegnazione del torneo. «Ma attenti io ho assistito da spettatore a questo esito sconvolgente» è la sua avvertenza per segnalare il distacco rispetto alle responsabilità altrui. Fucile puntato su Franco Carraro, naturalmente. «Ha confessato: negli ultimi dieci mesi non abbiamo fatto lobbing. E io vorrei chiedergli: e cosa hai fatto, allora?». Inevitabile che finisse così, a pesci in faccia insomma. «Il ruolo garantito ai piccoli paesi e i problemi di casa nostra sono all'origine di questa scelta» l'opinione di chi ha guidato fino all'estate scorsa l'operazione euro 2012, Carraro appunto. Poi è uscito di scena, risucchiato da calciopoli per ricomparire in questi giorni a Cardiff. Troppo tardi per recuperare il terreno perso. In tempo, però, per litigare con il ministro Melandri sulla via del ritorno da Cardiff e per annunciare le dimissioni, attese oggi, dall’esecutivo Uefa.

Pancalli e Riva sono usciti «disoccupati» dal ribaltone di Cardiff: avrebbero occupato ruoli di prestigio nell'organizzazione del torneo, controllato a distanza dall'Uefa. Non hanno molte colpe da confessare.

«Non abbiamo trascurato niente, adesso bisogna ripartire per toglierci dalla strada» è il suggerimento del Gigi protettore degli azzurri al mondiale di Germania. Così tocca al più mesto di tutti, Giancarlo Abete, chiudere la valigia: «Dobbiamo rimboccarci le maniche». Già, fosse così semplice.

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