«Date retta soltanto a me altrimenti non si cresce»

È infuriato, Walter Mazzarri, per un paio di articoli usciti sul suo Napoli. «Figuriamoci se ho criticato la squadra, ci è mancato il gol in più, non il gioco. Ai miei ho dovuto urlare: lasciate perdere, non ascoltate niente e nessuno, date retta solo a me».
È difficile fare l’allenatore a Napoli?
«C’è più passione che altrove. E passione fa rima con pressione. I tifosi hanno il calcio addosso, in città respiri un pathos particolare. Ma ci vuole equilibrio. Abbiamo ottenuto 7 risultati utili consecutivi con 3 vittorie e 4 pareggi, abbiamo battuto la Juve a Torino dopo 21 anni, eppure finiamo sulla graticola dopo il pari con la Lazio e quello con il Parma. Così non si cresce».
Come se la intende con De Laurentiis?
«Ora il rapporto è eccezionale, dico ora perché domani è un altro giorno. In lui ho visto un uomo leale, l’uomo giusto per portare avanti un programma a lunga scadenza. È un imprenditore dello spettacolo a livello mondiale. Di cinema sa tutto. Del calcio sta facendosi un’idea tutta sua da quando lo sta vedendo senza filtri (l’ex dg Marino, ndr)».
Di lei dicono, è scomodo perché non è un signorsì…
«Yesman no, aziendalista sì, so come si sta in società».
Se le chiedo di Cassano
«Cosa vuole che le risponda, è un argomento trito e ritrito. Il giocatore è forte, fortissimo. Io l’ho talmente apprezzato da avergli cucito la Samp addosso, come fa il sarto con un abito. Più di così. Ci abbiamo lavorato in tanti. Lui ha risposto bene».
E la mancata convocazione in Nazionale?
«Lasci fare a Lippi, ne sa più di tutti».
Si sbilanci almeno su Totti…
«È un campione assoluto, di intelligenza unica, che non pensa solo a se stesso, ma gioca sempre più in funzione della squadra. Invece di invecchiare, migliora».
Perché ha chiuso con la Sampdoria?
«Questioni personali, che rientrano nella sfera privata e da questa non debbono uscire. Non dimenticherò mai che in due anni s’è fatto un gran lavoro».
E perché ha accettato Napoli?
«Mi hanno convinto le idee di De Laurentiis. In precedenza avevo detto no ad altre proposte che mi erano arrivate dall’Italia e dall’estero. Così mi sono fatto trovare libero al momento giusto».
Chi prenderebbe della sua vecchia squadra?
«Non parlo mai dei singoli, ma questa volta faccio un’eccezione con Palombo. Gli ho cambiato ruolo vincendo una scommessa, non solo marcatore e incontrista, ma anche costruttore di gioco. Si merita la Nazionale».
A quale giocatore è più legato?
«La sorprenderò facendo il nome di Vigiani che non è un campione, ma un uomo vero, di quelli che si migliorano con il lavoro e fanno godere noi allenatori. L’ho avuto a Pistoia, Livorno e Reggio Calabria. Era un brutto anatroccolo, s’è trasformato in un bel cigno. Più di una volta mi ha detto, grazie mister».
Com’è andata con Lavezzi alla vigilia del suo debutto a Napoli?
«Ho accettato la sua giustificazione e le sue scuse. Vai subito in campo, gli ho detto, e fai di tutto per metterti questa storia alle spalle. L’ha fatto. Io credo ai giocatori fino a prova contraria. Ma voglio farmi un’idea mia, non vado avanti per sentito dire. Ecco perché non parlo mai con l’allenatore di prima».
Quagliarella è un problema?
«Neanche per idea. Presto si divertirà a fare la differenza, basta che recuperi la migliore condizione e stia tranquillo. Napoli lo ama».
E Hamsik? Lo vogliono tutti.
«Bella scoperta, invece resterà con noi, è un campione, addirittura più forte e completo di quanto pensassi».
Un giorno vincerà uno scudetto?
«L’ho già vinto salvando la Reggina nonostante gli 11 punti di penalizzazione e valorizzando tanti giocatori. Qualche presidente mi ringrazia ancora oggi».
Sia sincero. Ma come gioca ’sto Napoli? Della stessa partita si hanno letture differenti.
«Dipende dalla fase di gioco. Non appena possibile, cerco di ottenere la superiorità numerica in mezzo al campo. Ecco perché talvolta difendiamo a 3 e talvolta a 4. Ma non aggiungo altro, che siano gli altri a capirci qualcosa».
È vero che lavora anche quando dorme?
«Dormo poco e lavoro tanto. Alla professione ho sempre dato moltissimo, a scapito della famiglia. Qualche volta mi pento. Ma io sono fatto così.

E questo lavoro, più di altri forse, non ammette mezze misure».
Allora perché non porta moglie e figlio a Napoli?
«Perché un allenatore vive con la valigia in mano e non può legare la vita di casa ai suoi spostamenti. Sarebbe un egoista. Ma forse lo è sempre».

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