De Benedetti scende in campo, guai per Fassino

Primarie Pd a Torino: l'Ingegnere benedice la candidatura a sindaco dell'ex segretario dei Ds ma le sue incoronazioni si sono rivelate letali per tanti leader della sinistra: da Occhetto a Rutelli, da Veltroni a Franceschini, i prescelti sono finiti tutti ko

De Benedetti scende in campo, guai per Fassino

Per il segaligno Fassino, già debilitato di suo, può essere il colpo di grazia, l’abbraccio mortale che conta una lunga scia di vittime già tritate e rottamate. L’investitura letale di «democratico su cui puntare» è caduta su di lui, ed ora è soltanto questione di tempo per fare i conti col bacio sulfureo di Carlo De Benedetti, l’ingegnere-affossatore di promesse riformiste. Sei mesi, un anno, quanto rosolerà il povero Fassino, appena eletto nuova speranza dal capo dell’armata Espresso? È questione di «amicizia» che «dura da 35 anni», ma non è solo per quello che l’editore più detestato dal Pd dopo Berlusconi appoggerà la campagna di «Spillo» Fassino.

Uno che non avrà «il carisma di D’Alema, o di Veltroni, Cofferati, Bassolino», che non è nemmeno «tipo da inventarsi nuove strade, è più un mediano alla Oriali», come radiografò la sua Repubblica, ma al quale, per insondabili coincidenze astrali, tocca stavolta la gran croce debenedettiana di sicuro centravanti di sfondamento («Sono qui per testimoniare che Fassino potrà essere un grande sindaco di Torino», è l’assicurazione di fallimento firmata ieri dall’Ing.). Che sia Fassino anche il risollevatore delle sorti del Pd, nella mente profetica di De Benedetti? Il sabaudo detto Cicogna preghi che non sia così, altrimenti si affretti a prenotare un posto nello scantinato che già ospita Occhetto, Rutelli, Veltroni, Franceschini, e altri fidanzati temporanei dismessi in ancor più breve tempo. È che con il Partito democratico in generale De Benedetti ha uno strano amore-odio, in cui più spesso prevale il sadismo. Di lui si ricorda l’autoelezione a prima tessera del Pd, prima ancora che nascesse, ma ci si ricorda male - spiegherà molto più tardi, quando il partito era già in brandelli, il diretto interessato -, perché «io un tesserato del partito di Veltroni? Ma siete pazzi? Non si può neanche scherzare in questo Paese e ti prendono sul serio!». Era una battuta, ma neppure Veltroni l’aveva capita.

In effetti Walter era finito nel cono di luce debenedettiano intorno al 2005, in ticket con Rutelli, il duo che secondo l’Ingegnere avrebbe sicuramente rilanciato l’Ulivo. A dire il vero, in quell’accoppiata (de)benedetta, l’unico asso era Veltroni, perché Rutelli si era già giocato le sue carte (ovviamente bruciandosi) in un precedente invaghimento politico dell’Ingegnere. Nel 2001 ma ancora nel 2002, nonostante la batosta presa da Ciccio contro Berlusconi, De Benedetti era fiducioso: «Come leader del centrosinistra vedo Rutelli - spiegò intervistato da Gad Lerner -, peraltro è solo un’opinione personale, ma a volte in politica è opportuno fare le cose con il cuore e non solo con la mente, come fa Giuliano Amato, uno che al posto del cuore ha un buco». L’Ingegnere che va dove lo porta il cuore aveva scelto, quindi il destino era segnato, fatalmente, e infatti lì comincia l’inesorabile china di Rutelli, mai più candidato premier, ricandidato sindaco, ma sconfitto.

Una volta liquidato Rutelli, le attenzioni del cuore debenedettiano si spostano su Veltroni, vittima designata. Lo vezzeggia intorno al 2005, lo esorta ad «avere coraggio», a non farsi condizionare «dai tanti Ghino di Tacco che girano per l’Italia». Alle primarie del Pd, in un seggio di Torino, De Benedetti si presenterà di persona e il suo voto sarà privo di misteri: «Avevo auspicato che si andasse alla costituzione del Partito democratico e avevo anche indicato in Veltroni uno dei leader che avrebbe potuto realizzarlo». Qualche mese dopo, il primo incidente per Veltroni, battuto alle politiche. Subito appresso la disfatta Pd alle Comunali di Roma, che suscita i rimproveri di De Benedetti in merito alla staffetta Veltroni-Rutelli (suoi ex preferiti): «Questo giocare a dama con i candidati probabilmente non è quello che la gente si aspetta», sentenzia l’Ingegnere mettendo una pietra sopra al veltronismo.

A quel punto gli restano gli epigoni, tipo Dario Franceschini, a cui infatti Repubblica tira la volata per il congresso Pd. Che, fatalmente, sarà una sconfitta per Franceschini, battuto da Bersani. Uno che secondo De Benedetti (che si è confessato a Paolo Guzzanti in un libro-intervista) «come leader è totalmente inadeguato».

Lui e D’Alema «stanno ammazzando il Pd, mi odiano, ci odiano, si sono messi in testa che Ezio Mauro voglia diventare leader del Pd e questo li fa impazzire». Una «panzana», è evidente. Lui e loro si limitano solo ad indicare il prossimo perdente.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica