De Luigi: gran maratona nel folle paese di Sompazzo

Show surreale che rilegge i personaggi di Stefano Benni

Da Il Bar sotto il mare questo spettacolo prende il titolo e un paio di episodi. Il resto del copione attinge ad altre pagine della corposa produzione letteraria di Stefano Benni, come Terra! o Il bar sport. Benniana sarebbe stato un titolo appropriato; ma il riferimento al locale sottomarino è più poetico. Per arrivare a quel bar, infatti, il protagonista deve innanzitutto incontrare una sirena e poi affidarsi alle di lei doti di navigatrice (tutt’altro che satellitare). L’ittica bellezza lo conduce negli abissi fino ad una porta, oltre la quale l’ambiente si asciuga nei fumi e negli umori di un classico locale di provincia, dove il gioco più praticato non sono le carte o il biliardo ma il raccontare storie.
Il protagonista dovrebbe sedersi e ascoltare; in realtà, non sta fermo un attimo. Anche perché il suo compito è dar vita a una dozzina di personaggi in un’ora e mezza di monologo. Allora si muove di continuo, spostando sedie e tavoli per creare la giusta ambientazione di ogni racconto. È quindi una fatica fisica, quella che Fabio De Luigi affronta sul palco del teatro Ciak di Milano fino a domenica (e poi in tournée). Comincia su una pigna di tavoli e sedie, poi ne sposta un paio, poi sale e scende da un tavolo, poi saltella e zompetta da un lato all’altro della scena. Intanto, racconta la storia del paese di Sompazzo, dove due amici si sfidano a gare di insulti e di pantagrueliche mangiate fino a che uno di loro schiatta per colpa di una cedrata. E quella dell’amore folle di Pronto Soccorso e Beauty Case. O rilegge i classici: Cappuccetto Nero e Cenerutolo.
In un vortice di surrealismo e di vicende improbabili, tra nonne cocainomani, lupi che s’accordano con la nipotina invece di sbranarla e vigili urbani dalla multa facile, prende vita il mondo di Benni, scrittore umoristico che grazie a De Luigi si trasforma in autore comico. In questa mutazione il protagonista, diretto da Giorgio Gallione, non si produce in uno sforzo eccessivo; si limita a non uscire dagli schemi con cui si è fatto conoscere in tv, da Mai dire gol a Love Bugs.

Insomma, De Luigi fa De Luigi, ed è questo che gli consente di rendere al massimo quando si tratta di star dietro alla lingua benniana, fatta di ritmi vertiginosi e di continui giochi di parole. Ritmi che calano, un po’ troppo, nei momenti di passaggio da un racconto all’altro.

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