"Dieci anni fa un caso uguale: fu rapimento"

Intervista all'avvocato Bencivelli, collega di una delle donne sparite: "Troppi punti oscuri. Com’è possibile che il cellulare di Annalisa squillasse dopo l’impatto? Temo che ora sulla vicenda cali il silenzio"

Milano - Non ama le dietrologie. Ma il dubbio, col tempo, invece di evaporare ha preso corpo. L’avvocato Fabio Bencivelli conosceva da una vita Annalisa Montanari, da quindici anni sua collega. Ora lei è un rebus nelle acque dei Caraibi: precipitata, con altri tredici sfortunati compagni, la mattina del 4 gennaio. Una tragedia da archiviare come fatalità, ma un mese e passa ha fatto solo crescere le domande, anzi qualcosa in più: «Non sono l’ultimo giapponese che non vuole riconoscere la realtà. No, non è questo».

Che cosa non quadra nella versione ufficiale?
«C’è un punto che mi inquieta. Una decina d’anni fa, secondo fonti venezuelane, un aereo da turismo si trovò in una situazione assai simile a quella dell’aereo su cui volava la mia collega».

Che cosa accadde allora?
«Il pilota lancio l’sos».

Esattamente come è accaduto a Los Roques il 4 gennaio?
«Certo».

Poi?
«L’aereo sparì in mare. Le autorità chiusero il caso parlando di incidente».

Sembra il dramma di Los Roques in fotocopia.
«Quel che mi sgomenta è il finale. Un anno, un anno e mezzo dopo, l’aereo fu ritrovato sulla terraferma. A bordo c’era solo una persona: l’avevano uccisa. Gli altri, spariti».

Ma è sicuro di questa storia?
«Abbiamo le nostre fonti. Abbiamo passato l’informazione alla Procura di Roma che ha aperto un fascicolo sul caso».

I giornali venezuelani?
«Tacciono».

Avrete parlato di questa circostanza con la delegazione della Farnesina, di ritorno dal Venezuela.
«Mercoledì abbiamo incontrato il vicecapo della delegazione, Elisabetta Belloni. E con lei i tecnici che sono stati nei luoghi del disastro».

Che idea si sono fatti?
«Scartano a priori la nostra ipotesi. Non la prendono in considerazione».

Per il resto?
«Sostengono che le ricerche in quel tratto di mare proseguiranno. E aggiungono che le autorità locali stanno lavorando secondo gli standard internazionali. Per la Farnesina non ci sono dubbi: è stato un incidente».

Lei la pensa diversamente?
«Io ho i miei dubbi. E guardi che non cavalco ipotesi bizzarre. La storia circolata nei giorni scorsi sul copilota era chiaramente inventata».

In effetti si è detto che il copilota del bimotore sia sopravvissuto per quasi una settimana e sia morto solo poco prima di essere ripescato, ormai cadavere.
Mah. Il corpo del copilota è tutto ciò che è riemerso dall’acqua, è tutto ciò che resta di quelle 14 persone a bordo. Non c’è mistero sulla sua morte, semmai su tutto il resto. A cominciare da quel che è accaduto il 5 gennaio».

Si riferisce alla sua chiamata al telefonino della sua collega?
«Sì, squillava a vuoto, ma squillava. È strano, molto strano. La Farnesina ha dato e darà la sue spiegazioni, ma io voglio certezze.

Anche questa circostanza è finita nel dossier che ho preparato per la Procura di Roma. Io e gli altri parenti vogliamo la verità. Non ci arrendiamo. E temiamo il silenzio. Non si sa esattamente quale sia il punto in cui l’aereo è sparito. Così, prima o poi, c’è il rischio che le ricerche terminino».

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