Dietrofront sui diritti tv La sinistra ritorna al contratto collettivo

Le norme dovrebbero entrare in vigore dalla stagione 2007-08

Gian Maria De Francesco

da Roma

Si torna all’antico. I diritti televisivi del calcio, a partire dalla stagione 2007-2008, dovranno essere commercializzati in forma «centralizzata» e non individualmente da ciascuna squadra come accaduto fino a oggi. Milan e Inter avranno lo stesso peso di Atalanta e Catania.
È quanto ha deciso il Consiglio dei ministri di ieri che ha approvato un disegno di legge delega che rivedrà tutto l’impianto delle norme che hanno regolato la trasmissione delle partite di campionato, Coppa Italia e Supercoppa. Si tratta, in sostanza, di una marcia indietro rispetto alla legge emanata nel 1999 quando l’esecutivo era guidato dal leader diessino Massimo D’Alema che aveva assegnato alle società di serie A e di serie B la titolarità dei diritti televisivi delle partite.
Il nuovo disegno di legge, invece, ribalta tutto e stabilisce il principio della «contitolarità dei diritti» tra il soggetto organizzatore della competizione sportiva (nella fattispecie la Lega Calcio) e i soggetti partecipanti, ossia i singoli club. Alle società calcistiche rimarrà solo l’esclusiva sui diritti di archivio (le immagini di repertorio).
Su questo cambiamento se ne innestano altri. In primo luogo, la «commercializzazione in forma centralizzata dei diritti», ovvero la loro cessione collettiva. In secondo luogo, l’istituzione di gare «per singola piattaforma». A partire dall’anno prossimo dovrebbero quindi essere messi all’asta (ove ci siano più concorrenti) i diritti di trasmissione sulla tv analogica, su quella satellitare, su quella via cavo, su Internet, sul digitale terrestre e sui videotelefonini. In terzo luogo, sarà rivista la cosiddetta «mutualità» destinando almeno il 50% delle risorse fra tutte le squadre in parti uguali, mentre l’altra metà sarà ripartita in base ai risultati conseguiti e alle posizioni in classifica, fermo restando lo stanziamento di una quota per l’intero sistema-calcio.
L’ultima e più decisiva innovazione riguarda il divieto per un operatore di concorrere a un’asta se non abilitato per la trasmissione su quella particolare piattaforma. In buona sostanza, Mediaset non potrà concorrere all’assegnazione dei diritti satellitari non operando sullo stesso mercato di Sky. Viene, infine, stabilito il principio della «durata ragionevole» dei contratti. Come ha spiegato il ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, la durata «dipenderà dal quadro competitivo delle singole piattaforme; dove ci sono nuove tecnologie le esclusive saranno limitate a 2-3 anni, mentre nei mercati più aperti e competitivi le durate saranno più lunghe». Il compito di vigilanza è affidato all’Antitrust e all’Authority delle Comunicazioni.
È stato previsto, infine, un periodo transitorio per consentire l’adeguamento al nuovo regime. Mediaset ha infatti acquisito i diritti su tutte le piattaforme fino al 2009 (con opzione fino al 2010) per Milan, Juventus, Inter, Roma e Lazio e fino al 2010 per Livorno e Messina. Il pacchetto satellitare è stato rivenduto a Sky fino alla naturale scadenza delle esclusive con eccezione di Livorno e Messina (fino al 2008). Il gruppo guidato da Fedele Confalonieri ha acquisito inoltre i diritti in chiaro sugli highlights delle partite di serie A la domenica pomeriggio. SportItalia di Tarak Ben Ammar, che trasmette sul digitale terrestre, ha i diritti su anticipi e posticipi di serie B fino al 2008. La data del primo luglio 2007 rischia di avere una valenza indicativa. Ma come ha puntualizzato lo stesso Gentiloni «ci auguriamo adeguamenti spontanei e revisioni di contratti in corso».
È difficile non individuare una sorta di intento punitivo nei confronti di Mediaset.

Il gruppo editoriale quotato in Borsa non solo dovrebbe ridiscutere esclusive milionarie, ma vedrà fortemente limitata la sua capacità competitiva. «Ci siamo adeguati al modello Champions League», ha commentato il ministro dello Sport, Giovanna Melandri. Chissà se D’Alema la pensa allo stesso modo.

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