I social alleati con la politica per controllare noi cittadini

Potrebbero essere spazzati via con poche norme e hanno imparato a rendersi utili rinunciando a essere neutrali: come dimostra l’espulsione da Twitter di Trump

I social alleati con la politica per controllare noi cittadini
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Alla fine degli anni Ottanta il socialismo reale esce di scena e proprio all'inizio del decennio successivo s'afferma lo spazio di internet, che annuncia orizzonti di libertà. Nel 1994 è fondata Yahoo!, due anni dopo Google e via via prendono forma le altre realtà che popolano questo nuovo pianeta, che sempre più accoglie realtà commerciali, biblioteche, banche e molto altro. L'apertura dei mercati (globalizzazione economica) è accompagnata dallo sviluppo del cosiddetto virtuale, che permette una sempre più facile comunicazione (globalizzazione informativa).

Al suo primo apparire la rete si presenta come un universo autoregolato. In fondo, il web si colloca al di fuori degli Stati, popolato per lo più da imprese che offrono servizi a soggetti che mai incontreranno nella vita reale. Lo stesso interrogativo se si ci possa fidare di chi sta al di là di un computer (magari a migliaia di chilometri di distanza) trova rapidamente una risposta affermativa. In effetti, la logica della reputazione s'impone e questo fa sì che i comportamenti siano per lo più corretti e le offerte affidabili, anche in assenza di meccanismi sanzionatori.

Quando compro un antivirus da Kaspersky (azienda russa) oppure ordino un libro su Amazon (azienda americana), posso essere sicuro che tutto andrà per il meglio poiché quelle imprese vivono dell'immagine che riescono a costruire; non avrebbe senso che incassassero da me pochi euro e poi sparissero nel nulla. Il fatto di non trovarsi entro un medesimo sistema statuale non impedisce gli scambi: il pacta sunt servanda che è in larga misura alla base della vita sociale s'afferma allora entro il quadro anarchico di un ordine senza (o quasi) legislazione.

Molto presto lo sviluppo della rete ha fatto sì che i social network siano diventati una parte rilevante della nostra stessa vita. In pochi anni sono diventati essenziali per comunicare, fare business, reperire notizie, costruire progetti politici. E per qualche tempo s'è pensato che questo avrebbe portato a un sistema di realtà volte a soddisfare il pubblico secondo logiche di mercato. A distanza di qualche decennio, però, dobbiamo prendere atto che i poteri regolatori hanno imparato alla svelta a prendere le misure a tale fenomeno, mentre i soggetti economici di questo nuovo business hanno iniziato a trarre benefici illegittimi dalla loro posizione. Mentre tutte le prime ricerche sull'universo telematico mettevano in evidenza il carattere policentrico della rete e l'assenza di monopolio, presto ci s'è accorti che le cose sono ben più complicate. Al di là del ruolo di Icann (società che ha il compito di regolare internet, attribuendo gli indirizzi IP), i vecchi poteri sovrani hanno iniziato a elaborare leggi volte a controllare ogni aspetto del web, al fine di contrastare pedofilia, terrorismo, evasione fiscale, discorsi d'odio, fake news, ecc.

In questo quadro una gabbia normativa di tipo tradizionale, strutturata attorno a leggi e sanzioni, ha modificato in profondità la natura di internet. Quello che doveva essere un mondo di libertà è diventato un inferno di proibizioni e censure, all'insegna del politicamente corretto. Le società della rete, da un lato, hanno compreso di poter essere spazzate via da qualsivoglia nuova norma e, dall'altro, hanno colto l'opportunità di incidere sui meccanismi costrittivi monopolizzati dallo Stato, finendo per delineare un potere inedito: stavolta non soltanto accentrato nei palazzi della politica, ma in grado di svilupparsi secondo logiche tentacolari.

Tutto ciò è apparso chiaro a tutti quando, nel 2021, Twitter e Facebook hanno chiuso l'account di Donald Trump, e cioè alla principale voce dell'opposizione degli Usa. Qualcosa che poteva essere normale in Russia oppure in Iran, ha avuto luogo nella patria di Thomas Jefferson. Negli stessi giorni Google App ha eliminato la possibilità di scaricare Parler, un social network conservatore, alternativo a quelli dominanti. Infine, lo scandalo dei Twitter files ha aperto gli occhi a tutti. La domanda da porsi è se si è ancora dinanzi a soggetti imprenditoriali privati, liberi di agire a proprio piacere, oppure a strumenti de facto della politica egemone; e la risposta corretta la conosciamo. Talune delle promesse di libertà della rete non sono svanite: basti pensare a un fenomeno come Bitcoin, che si propone di scalzare le monete di Stato (strutturalmente inflazionate), a partire dal dollaro, ed evitare l'intermediazione bancaria.

Ma deve ormai essere evidente che il permanere del potere sovrano, che al cuore dello Stato, è in grado di far sì che ogni concentrazione di conoscenza e/o ricchezza sia facilmente traducibile nel dominio di alcuni su altri. Anche se i più si rifiutano d'ammetterlo, la questione cruciale è tutta lì.

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