Doppio attacco all’epatite C

Due nuove ricerche cliniche confermano l’efficacia della terapia con il peginterferone per battere il virus HCV

I nemici “silenziosi” della nostra salute sono tanti. Uno dei più temibili è l’epatite C, che può essere scoperta molti anni dopo il suo esordio. Secondo i dati presentati al recente Congresso europeo per lo studio delle malattie epatiche, tenutosi a Milano, soffrono di epatite C, nel mondo, 180 milioni di persone (due milioni in Italia). La malattia si trasmette attraverso trasfusioni di sangue infetto, scambio di siringhe già impiegate e infettate dal virus o più raramente la via sessuale.
Un semplice esame del sangue che rivela un’alterazione dei valori delle transaminasi rappresenta un segnale di allarme, che può essere confermato dalla ricerca degli anticorpi destinati a contrastare l’azione del virus (HCV) che provoca l’epatite C. Una ecografia ed un esame non invasivo chiamato fibroscan possono evidenziare una fibrosi o cirrosi che richiedono un approfondimento tramite una biopsia, utile anche quando si è in presenza di un possibile carcinoma. Lo sbocco tumorale è la complicazione più temibile, che porta alla morte o, quando possibile, al trapianto di fegato. Nel corso del Congresso europeo per lo Studio delle malattie epatiche è stato ribadito che in 50 casi su cento il carcinoma del fegato colpisce soggetti affetti da epatite C. Servono dunque terapie che rallentino il decorso della malattia prima delle devastanti complicazioni oncologiche. Tra le più efficaci c’è quella che associa il peginterferone alfa-2-a alla ribavirina, con risultati scientifici documentati da vari studi internazionali. Due meritano una menzione: il Probe e il Practice.
Nel primo, su seimila pazienti, è stato dimostrato che la terapia a base di peginterferone alfa-2a e di ribavirina porta all’eradicazione del virus HCV in una elevata percentuale di casi, ciò significa che è stato sconfitto. Nel secondo, condotto in Germania su 3470 pazienti viene confermato l’alto tasso di risposta terapeutica e viene sottolineata l’elevata sicurezza e la scarsa incidenza di effetti indesiderati della cura.

Infine, come ha ricordato il professor Savino Bruno dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano, sono in fase di sviluppo alcuni farmaci antivirali più selettivi di quelli attuali che sono destinati a rendere più efficace la terapia dell’epatite C ed a stroncarla anche in quel trenta per cento di casi che non rispondono al peginterferone alfa-2a. Grandi speranze accompagnano queste ricerche, la cui conclusione è prevista per il 2010.

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