Con Dottori la pittura prende il volo

Protagonista tra i maggiori del secondo futurismo, cioè della stagione tarda del movimento che ha il suo atto di fondazione col Manifesto dell’Aeropittura del 1929, Gerardo Dottori è un artista meno conosciuto di quanto dovrebbe. Ma oggi è disponibile su di lui una vera enciclopedia di oltre mille pagine in due volumi: Dottori. Catalogo generale (a cura di Massimo Duranti, Petruzzi editore).
Si tratta di un lavoro definitivo, frutto di anni di ricerche, che mette in luce le varie fasi della pittura dell’artista, dal divisionismo giovanile al suo particolare futurismo, capace di indagare il ritmo dinamico di figure e cose, ma al tempo stesso di sottolineare i valori architettonici dell’immagine. «Le prospettive mutevoli del volo costituiscono una realtà assolutamente nuova. L’Aeropittura mediante una libertà assoluta di fantasia fisserà l’immenso dramma visionario e sensibile del volo», scriveva Marinetti nel Manifesto dell’Aeropittura, subito sottoscritto da Dottori. E in effetti i suoi paesaggi hanno una vena visionaria, che nasce non tanto dalle suggestioni del volo, quanto dalla fantasia dell’artista, e raggiunge esiti di grazia un po’ fiabesca, come nelle visioni del Lago Trasimeno dall’alto simili a piccoli presepi.
Nato a Perugia nel 1888 da una famiglia di modeste condizioni sociali, e rimasto orfano di madre a otto anni, Dottori scopre l’arte moderna a Milano, in un viaggio che compie nel 1906.

Vicino al futurismo già ai suoi esordi, ne diventa un esponente fondamentale alla fine degli anni Venti quando, dopo essersi stabilito a Roma nel 1926, frequenta assiduamente Marinetti. Scompare a Perugia nel 1977, a novantacinque anni, senza mai aver smesso di dipingere.

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