Il Duce: "La guerra? Non abbiamo le armi"

Marcello Dell’Utri racconta come è venuto in possesso dei diari di Mussolini e ne legge ampi stralci: "Forse non cambieranno la storia ma ci sono giudizi importanti e in controtendenza". Sull'autenticità il senatore è sicuro: "Sono state eseguite una perizia calligrafica e un esame organolettico di inchiostro e carta"

Il Duce: "La guerra? Non abbiamo le armi"

Le fotocopie di alcune pagine dei diari di Benito Mussolini sono contenute in una cartellina nera, che il senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri ha aperto in questi giorni di tour politico in Friuli-Venezia Giulia. Ieri mattina a Trieste ha letto alcuni passi scritti di pugno dal Duce. I diari sono ricomparsi un anno fa e sarebbero autentici. La Mondadori era interessata a pubblicarli, ma il prezzo è molto alto. Al momento sono in corso trattative anche con un editore tedesco. In questa intervista Dell’Utri racconta cosa c’è scritto nelle cinque agende del Duce.
Come è iniziata la storia dei diari di Mussolini?
«Un anno fa sono stato chiamato da una persona, che lavora nel mercato dell’antiquariato libraio e mi ha proposto di farmi vedere i diari, o meglio le agende di Mussolini dal 1935 al ’39. I diari sono custoditi presso un notaio di Bellinzona. Li hanno depositati i figli di un partigiano che li aveva presi dalla borsa di Mussolini a Dongo, quando è stato catturato».
Chi è questo partigiano?
«Non posso fare il nome, ma è morto poco prima che io ricevessi l’informazione sull’esistenza dei diari».
Lei ha letto i diari originali?
«Ho avuto alcune ore di tempo per leggere alcune parti. Ogni anno è fitto, dal primo gennaio al 31 dicembre. Le agende sono normali, con fogli bianchi giornalieri, che riportano la data ed il santo. Sono della Croce Rossa Italiana dell’epoca, ma tutte prive di copertina, non so perché. Forse le copertine erano dedicate a Mussolini, oppure c’era il simbolo del fascio e qualcuno le ha eliminate».
Mussolini come teneva il suo diario?
«Puntuale, quotidiano composto in gran parte da commenti. Ogni tanto si leggono degli orari di quando si metteva a scrivere. Per esempio “sono le ore 23 è successo questo..., ho parlato con Hitler”. Non è un’agenda di appuntamenti, ma un’agenda che commenta con precisione gli eventi della giornata».
Lei è sicuro che i diari siano autentici?
«È tutto manoscritto con la classica grafia di Mussolini. Sono state eseguite una perizia calligrafica, un esame organolettico dell’inchiostro, della carta e risultano conformi ai tempi, assolutamente autentiche. Non ho la preparazione tecnica per dare una risposta definitiva, ma alcuni storici italiani stanno già studiando gli scritti».
Come si presentano le pagine delle agende?
«L’inchiostro che ha usato era nero, scuro. C’erano pochissime correzioni, anche se si nota qualche pentimento nella struttura delle frasi. Per esempio cancellazioni di un inizio di parola, per poi scriverne un’altra. Il tono è lo stesso dei suoi discorsi, enfatico, ma con qualche accenno di maggiore umanità».
Può citare qualche appunto importante di Mussolini?
«Il 10 febbraio del 1939, San Guglielmo, scrive in testa alla pagina “Il Papa è morto. Achille Ratti (Pio XI, nda) è stato un grande Papa devo ammetterlo”. Io non posso sapere chi sarà il nuovo Papa, però il profeta Malachia dice che sarà un Pastor Angelicus e speriamo che sia vero. Che non sia un politicante, un intrigante, perché di politicanti ci siamo già noi e mi pare che si sia in troppi».
Non parla di possibili candidati alla successione?
«Non indica candidati, ma parla del Camerlengo di allora commentando “che è una purissima figura di sacerdote”».
È vero che il Duce temeva la seconda guerra mondiale alle porte?
«Il 31 agosto Mussolini scrive: “Arriva una comunicazione di Attolico (ambasciatore italiano a Berlino, nda) che mi informa che la Germania invaderà la Polonia domani mattina alle 4 e mezzo”. Questa è un appunto secco, senza commenti. Sull’imminente conflitto sostiene che la “guerra non si potrà evitare, ma che per noi italiani sarà un grosso problema. Dobbiamo stare attenti ai nemici, che sono gli inglesi, ma anche agli alleati che sono i tedeschi”. Lo dice chiaramente e aggiunge “noi non possiamo e non dobbiamo entrare in guerra, anche perché non abbiamo le armi”».
Ci sono pure dei riferimenti molto duri ai gerarchi...
«Sì è vero. Il 28 agosto 1939 si legge: “È venuto a trovarmi Starace (uno dei gerarchi più fedeli al Duce, nda) con le sue considerazioni sulla temerarietà del popolo italiano, che secondo lui sarebbe propenso alla guerra. È falso. Quest’uomo fino ad un certo punto mi ha divertito con le sue trovate ed i salti nel cerchio infuocato eseguiti da gerarchi obesi e ridicoli, ma ora sta esagerando”. Scrive proprio così e chiude dicendo “pur avendo una grande pazienza non lo sopporto più”».
Parla di Adolf Hitler?
«Parla di lui come di un punto di riferimento, ma non fa commenti. Scrive: “Hitler vuole tutto il corridoio e Danzica come pegno per evitare l’invasione della Polonia”».
Si riscrive la storia con questi diari?
«Francamente mi sembra un’affermazione grossa. Da quello che ho letto, però, potrei dire che ci sono giudizi importanti ed in controtendenza rispetto a ciò che si sapeva. Basta vedere come ridicolizza i gerarchi. Alla guerra si oppone con tutte le sue forze. “Propongo una conferenza di pace, ma non ricevo risposta da nessuno – scrive dopo l’accordo di Monaco del ’38 -. Fino all’altro ieri ero l’uomo delle grandi decisioni, oggi non valgo più niente”. Questa è la sua considerazione pochi giorni prima dell’invasione della Polonia, quando attendeva una risposta da Londra su una nuova conferenza di pace».
Quali altri commenti di Mussolini le sono rimasti impressi?
«Sempre in occasione dell’inizio della guerra Mussolini scrive: “Abbiamo provveduto a limitare la circolazione degli automezzi e sono entrate in vigore le norme dietetiche”. Alla fine dice che “gli italiani impareranno a essere seri e a non correre dietro a futilità”.

Secondo Mussolini la guerra insegnerà ad accettare i sacrifici, che “la grande e piccola borghesia non è propensa a fare”. Il suo giudizio è estremamente negativo e descrive una “borghesia spendacciona, che non dà valore al denaro e alla fatica, che anima solo le sale da ballo, che prolifera figli idioti, altezzosa e superba”».

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