E adesso anche il Fatto benedice Montezemolo

Il boss della Ferrari presenta il suo progetto politico sul Fatto. Il quotidiano di Travaglio dimentica il suo giustizialismo e si traveste da mensile patinato. Montezemolo si atteggia a leader, i mastini di Padellaro evitano di domandargli dei suoi guai per gli abusi edilizi

E adesso anche il Fatto benedice Montezemolo

La discesa in campo di Montezemo­lo? È stata un travaglio. Ed ora è un Tra­vaglio. Dalla lettera minuscola alla let­tera maiuscola: Luca Cordero ci ha pensato su un bel po’ prima di decider­si a entrare in politica. È stato lì mesi e mesi a interrogare cogitabondo gli specchietti retrovisori delle sue Ferra­ri, ha scrutato senza tregua l’orizzon­te di Anacapri, poi alla fine ha rotto gli indugi, avendo ormai rotto tutto il re­sto fino all’inverosimile. E dove è an­dato a spiattellare l’intero suo pro­gramma elettorale? Ma sicuro: pro­prio nel covo nell’antiberlusconismo, nel quotidiano che fa dell’attacco al Cavaliere una sua ragione di vita, oltre che di successo editoriale. Il quotidia­no di Padellaro. Soprattutto il quoti­diano di Travaglio. E così il progetto montezemolia­no si tradisce fin dall’inizio: voleva essere un progetto colto. E invece è solo un pro­getto colto sul Fatto .

Faceva un certo effetto ieri mattina sfogliare le pagine del giornale come al solito traboccante di sangue e are­na, titoli acidi e gagliardi afrori dipietreschi. All’im­provviso si aprivano due pa­gine profumate di acqua di Parma,una lenzuolatad’ele­ganza Hogan&Fay, un’oasi di serenità quasi celestiale: sembrava all’improvviso di essere piovuti dalla Caienna a Vanity Fair . C’era persino la gigantografia dell’aspiran­te leader, ovviamente sorri­dente, sulla sua rossa Ferra­ri. E una titolazione più lac­cata della sua chioma: «Il pit stop del partito di Monteze­molo », giganteggiava il tito­lo a pagina 6  e 7 . Mentre in prima strillava: «Monteze­molo: un treno per la politi­ca ». Quando si dice farsi prendere la mano dall’entu­siasmo: in effetti Cordero, tutt’al più, può essere il con­ducente. Per fare il treno, co­me minimo, ci vogliono an­cora i passeggeri.

Quelli del Fatto , però, non sentono ragioni. Estasiati dal nuovo anti-berlusconia­no doc, lo trattano già come se fosse la reincarnazione di Winston Churchill, appena un po’ più magro ed elegan­te. «Il leader di Italia Futura s’è già organizzato», strom­bettano. «Alleanza con Casi­ni e una struttura leggera sul territorio». E poi: «Il vero av­versario da battere è il mini­stro Tremonti», ma «teme la stampa del Cavaliere». E il possibile conflitto d’interes­si? Non c’è problema:«Se en­tro in politica faccio un blind trust come Mario Draghi», dice il manager. E al Fatto tanto basta: hanno già stap­pato bottiglie di Dom Peri­gnon per essere all’altezza del personaggio. Evviva il blind trust! Evviva il blind trust! Tale è l’entusiasmo che la notizia dell’abuso edi­lizio di Luca Cordero ad Ana­capri, apertura del Giornale di ieri e assai enfatizzato sul sito internet del medesimo Fatto , viene ridotta sull’edi­zione cartacea a un riquadro in versione mignon, pratica­mente una breve. Si capisce: nulla deve disturbare la quie­te libera& bella della celebra­zione montezemoliana...

Certo, fa un po’ effetto sco­prire tanta affettuosità e tan­ta improvvisa magnanimità in un quotidiano che in pri­ma pagina spara titoli come «scaricatori di porco» e che non lesina la scimitarra per tagliare la testa a chiunque infranga ogni regola, com­preso il codice stradale o il regolamento delle aiuole di Calamandrana superiore. Niente da fare: il regolamen­to edilizio di Anacapri, evi­dentemente, sfugge ai rigori dei corsari del Fatto . E va beh. Ma soprattutto fa effet­to scoprire fin dove l’ambi­zione politica abbia trascina­to Montezemolo, costretto a passare dai salotti chic alla piazza più infuocata, dai ne­gozi di Hermès alle cancelle­rie dei tribunali, dalle tarti­ne di caviale alle fauci dei for­caioli. Così va il mondo: una volta navigava sullo yacht di Agnelli, adesso è sulla stessa barca con Di Pietro.

Questione di gusti. C’è sempre tempo per iniziare la carriera del moralizzato­re. Quella di Montezemolo iniziò tanti anni fa, quando venne pescato a intascare de­naro per presentare vari per­sonaggi ai piani alti della Fiat. Pare che i soldi venisse­ro consegnati in contanti dentro un libro vuoto di En­zo Biagi. Libro vuoto e tasca piena. Davanti al giudice istruttore Gian Giacomo Sandrelli, Montezemolo am­mise: «È un episodio della mia vita che giudico assai vergognoso». Forse adesso giudicherà vergognoso an­che l’abuso edilizio della sua villa di Anacapri. Può darsi. E chissà se metterà an­che quello nel blind trust.

Nel frattempo, blind trust o no, ha deciso. E lo fa capi­re. Poteva parlare con l’ama­ta Stampa , con l’istituziona­le Corriere , con la potente Tv o con l’innovativo metodo di Internet. Invece, no: ha scelto il Fatto . E nel mezzo c’è già un messaggio: non m’interessa più il dopo Ber­lusconi, ora mi interessa l’anti-Berlusconi. Povero Cordero: fino all’altro gior­no ha fatto di tutto per imita­re il Cavaliere, s’è industria­to per emularne i successi in­dustriali e sportivi, s’è affan­nato per apparire più simpa­tico e popolare di lui. Non es­sendoci riuscito, ora si met­te al fianco di quelli che lo odiano.

E s’illude, forse, che basti respirare un po’ d’aria di caserma dipietresca per diventare uomo di polso, lui che è sempre stato e sempre resterà, al massimo, un uo­mo di polsino.

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