E adesso si aprono i giochi per il futuro di Capitalia

Gli olandesi prendono tempo. Ma è ormai possibile un loro progressivo disimpegno

E adesso si aprono i giochi  per il futuro di Capitalia

da Milano

Una telenovela si chiude (l’affaire Abn-Antonveneta). Un’altra è destinata ad aprirsi: che cosa succederà ora in Capitalia? Ieri il numero uno degli olandesi Rijkman Groenink è stato doverosamente evasivo: ora ci vorrà del tempo per l’integrazione con la banca padovana, ha detto nella conference call con gli analisti. «A un certo punto in futuro guarderemo ad altre acquisizioni. Al momento tuttavia non stiamo guardando nulla che abbia la stessa dimensione di Antonveneta. Ed è prematuro fare ipotesi che coinvolgano anche Capitalia».
In realtà sembra difficile che Abn, spossata dalla battaglia (vincente ma dolorosa) per Antonveneta, decida di aprire un altro fronte per la banca romana. Impensabile però che gli olandesi possano mantenere a lungo una partecipazione dalla redditività non esaltante e senza significato strategico. Lo scenario più probabile è dunque quello di un progressivo disimpegno. Le vie d’uscita del resto sono state già preparate nelle more del caso Antonveneta.
Di fronte alla diluizione (con discesa della propria quota dal 9 al 7,7%), legata alle fusioni di Capitalia con Mcc e Fineco, Abn si è detta eventualmente disponibile a reintegrare la partecipazione per risalire al livello iniziale. Il tutto però senza assumere alcun impegno concreto. Anche al momento del rinnovo del patto di sindacato al 2008 Abn si è mostrata disponibilissima. Ha preteso però una clausola di uscita: alla scadenza dell’intesa originaria, vale a dire nell’ottobre del 2006, gli olandesi sono gli unici che possono salutare tutti e andarsene, vendendo agli altri componenti il patto o a terzi (ma con il consenso di Capitalia).
C’è ancora un anno di tempo, certo. Ma c’è da scommettere che gli strateghi del risiko bancario sono già al lavoro. Sia la fusione con Fineco e Mcc, sia il rinnovo del patto di sindacato con l’ingresso di un nuovo compenente, la Fondazione Banco di Sicilia, sono interpretabili come mosse difensive, per prepararsi a un eventuale addio di Abn e per aumentare le difese (leggi capitalizzazione) antiscalata.
Ma i problemi della compagine azionaria dovranno legarsi a quelli di prospettiva strategica del gruppo romano. Per il momento le attenzioni di Cesare Geronzi e Matteo Arpe sono ufficialmente dedicate alla riorganizzazione del gruppo.

Ma Arpe ha già detto di considerare la propria banca cacciatrice e non preda. E qualche analista non ha dubbi nell’identificare l’obiettivo ideale: proprio la Popolare italiana dell’ex numero uno e amico Gianpiero Fiorani.

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