nostro inviato a Londra
Ce la stanno mettendo tutta gli inglesi. In Hide Park sembra sia passato Edward mani di forbice, le siepi sono tagliate e pettinate come fossero ciclisti in fila indiana. I londoners passano, guardano, sorridono e tirano dritti. «Le Grand Depart» non riesce a scaldarli, ancora non se ne capacitano: il Tour de France a Londra. France: è questa la parola che gli sta più sulle scatole. Terza visita da queste parti, dieci milioni di euro investiti, due tappe: il cronoprologo domani, sette km e novecento metri per le strade di Londra; la prima tappa domenica, 203 km fino a Canterbury. Londra e Canterbury: le città simbolo della vecchia Inghilterra. Il cuore del Tour batte in Trafalgar square, sotto la statua del vecchio ammiraglio Nelson hanno montato le tribune vip, di fronte, con la benedizione della National gallery, il palco per presentazione e premiazione. A fianco, bancarelle con le t-shirt celebrative, da 10 a 15 sterline: «Le comprano solo i turisti, americani specialmente per via di Armstrong. Gli inglesi? Sono scioccati, non comprendono perché il Tour de France debba partire da qui».
Intorno, polizia. Londra non sta passando bei momenti. Ieri un treno della metropolitana è deragliato vicino alla stazione di Benthal Green: solo un incidente (e un ferito) ma latmosfera è pesante. Casacca gialla come la maglia del Tour, i poliziotti cavalcano biciclette «smith and wesson», stessa marca delle pistole ma molto più innocue, e controllano ogni spillo fuori posto.
Resta il nodo centrale: i londinesi e il ciclismo. È dura spiegargli come stanno le cose. Marc Waitharlay ha 28 anni e lavora nella sicurezza intorno al palco di Trafalgar: «Mi piace Danilo Di Luca e non vedo lora di vederlo. È della Liquigas, vero?». Sì è vero, ma Di Luca non ci sarà. Marc ci rimane male, ma domenica sarà comunque a bordo strada. Quindi, pare di capire che il problema stia nei londinesi. La congestion charge, pedaggio introdotto dal sindaco Livingstone sulla circolazione automobilistica, li ha spinti sui pedali, ma un conto è andare in ufficio in bici, un altro è distinguere un velocista da uno scalatore. È tutto piuttosto provinciale. Per dire: il Guardian ha regalato ai suoi lettori un inserto sul Tour. Per essere originali hanno abbinato ogni squadra a un formaggio. Cose così: Liquigas-ricotta; Lampre-mozzarella. Poi, certo i giornali raccontano anche di Charles Holland (primo inglese alla Grand Boucle nel 37) e di Tommy Simpson; di Millar e di Boardman.
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