E i pirati somali si scoprono ecologisti

Il gruppo che ha sequestrato la nave ucraina: «Riscatto di 8 milioni di dollari per ripulire le coste dai rifiuti tossici scaricati dagli europei»

I pirati somali si scoprono ecologisti e giurano di voler utilizzare i soldi dei riscatti delle navi sequestrate per ripulire il mare e la costa dai rifiuti nocivi. Dagli anni Novanta la povera Somalia è una discarica internazionale dove società senza scrupoli, anche europee, abbandonano veleni di ogni tipo. Le Nazioni Unite hanno denunciato più volte gli scarichi abusivi in mare di rifiuti tossici, radioattivi, industriali e di sostanze pericolose come il mercurio. I pirati somali provano a giustificare i salati riscatti, da 300mila a 6 milioni di euro, che chiedono per le navi catturate. Secondo Januna Ali Jama, uno dei portavoce dei moderni bucanieri, gli arrembaggi sono «la reazione alla continua discarica di rifiuti nocivi sulle coste del nostro Paese per 20 anni».
L’ultimo riscatto è di 8 milioni di dollari chiesto per il mercantile ucraino Faina, che trasporta 33 carri armati di fabbricazione russa e altre armi. La richiesta iniziale era di 20 milioni di dollari per la nave e l’equipaggio. Poi il prezzo è sceso quando i pirati si sono visti circondare dalle navi da guerra americane. L’ultima trovata degli autoproclamati «Robin Hood» dei sette mari è che parte dei soldi incassati serviranno a ripulire le disgraziate coste somale. Nel 2004, a causa dello tsunami, fusti tossici che erano stati buttati in mare sono stati scaraventati dalla furia dell’onda anomala sulle spiagge. Si sono aperti ed i veleni hanno contaminato l’area e fatto ammalare la popolazione. «Le coste somale sono state distrutte - ha ribadito il portavoce dei pirati -. Crediamo che questi soldi siano nulla in confronto alla devastazione del nostro mare». Oltre ai rifiuti tossici non mancano le navi da pesca straniere, che vanno a riempire le stive nelle acque territoriali somale. Spagnoli, thailandesi e pescatori senza scrupoli di altre nazionalità fanno quello che vogliono. Ahmedou Ould-Abdallah, l’inviato dell’Onu per la Somalia, ha confermato che secondo «fonti affidabili» società europee ed asiatiche continuano ad usare le coste somale come discariche di veleni.
Angelo Masetti è il portavoce del forum Italia-Somalia, che da Roma si prodiga per trovare una soluzione al conflitto che dura da 18 anni. «Della schifezza scaricata sulle coste somale dovrebbe occuparsene la comunità internazionale - sottolinea Masetti -. Non certo i pirati».
La Tortuga somala era fino a poco tempo fa la baia di Eyl, nel Puntland, una regione autonoma a nord di Mogadiscio. Quest’anno sono state sequestrate 61 navi e nel 2007 i riscatti si aggiravano su un totale di 50 milioni di euro. Ora gli abitanti di Eyl hanno paura di un attacco americano. Per questo motivo i pirati si sono spostati più a sud. La gente, però, li giustifica.

Gli arrembaggi sono visti come rappresaglie ai rifiuti tossici scaricati dagli stranieri e alla pesca di frodo. I pirati, armati fino ai denti, si propongono come «guardacoste» della Somalia e l’anarchia continua.
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