Il Partito Democratico parte come il gambero. I Democratici di Sinistra da una parte, la Margherita dallaltra. Gli uni contro gli altri. A Lissone per le elezioni amministrative del 27 e 28 maggio la Quercia cerca di rastrellare voti per conto proprio e la stessa strategia è stata scelta dalla Margherita. E il partito unico, almeno qui nella città del mobile, finisce in mezzo alle ortiche. Cominciano bene. La base, i dirigenti delle due sezioni dimostrano daver imparato davvero bene la lezione. Limperativo che arriva dai big è «unità» e la replica non si è fatta attendere: «divisi».
Amareggiato della separazione il consigliere regionale Pippo Civati, che fino allultimo ha cercato di salvare la faccia ai vertici nazionali dei due maggiori partiti del centrosinistra. In ogni caso alla fine sono prevalse le identità e i personalismi. I diessini assieme alla Sinistra ambientalista, Verdi, Rifondazione, Sdi e lUdeur di Clemente Mastella tirano la volata ad Emilio Ghigni. Laltro cartello, che cercherà di strappare la guida del comune alla Casa delle Libertà, raggruppa Margherita e la lista civica «Vivere Lissone». Entrambi, vogliono conquistare la poltrona più importante del palazzo per Renzo Perego. Solo con il suo candidato sindaco, Francesco Bosco, pure Italia dei Valori, che non ha trovato modo di «accomodarsi» né con la Margherita né con i Democratici di Sinistra. Ma non è finita: allestrema sinistra del quadro politico cerca consensi pure Davide Viganò, sostenuto dal Partito Comunista dei Lavoratori di Marco Ferrando. Insomma lUnione si presenta lontana anni luce da quella corazzata che sillude di far credere. Se a Roma, il centrosinistra fatica a mantenere la maggioranza di governo, a Lissone ognuno ha imboccato una strada diversa.
Per il centrodestra Forza Italia, An, Lega e Udc, per vincere si sono affidati al primo cittadino uscente targato Carroccio Ambrogio Fossati. Solo il vicesindaco, lex azzurro Ruggero Sala in collisione con il partito cerca gloria personale con la sua lista «Per Lissone Oggi».
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