E la stampa tedesca rema contro

BerlinoNella gara per assicurarsi il controllo di Opel i concorrenti di Fiat hanno un prezioso alleato: la stampa tedesca. Fin dai primi giorni in cui Sergio Marchionne è sceso in campo, con il suo piano, per la creazione di un nuovo grande gruppo automobilistico formato da Chrysler, Lingotto e la storica casa di Rüsselsheim, giornali, telegiornali e siti on-line hanno scatenato una campagna volta a creare un clima di allarme per un eventuale sbarco degli italiener, gli italiani.
Un’azione di disturbo che ha toccato il culmine quando il tabloid Berliner Express, in occasione dell’incontro tra Marchionne e il ministro dell’Economia, Theodor zu Guttenberg (nella foto) ha titolato un articoletto che metteva in cattiva luce il piano Fiat con le seguenti parole: «Giù le mani da Opel». L’ultima bordata viene dal Bild Zeitung che l’altro giorno ha messo a confronto le offerte di Fiat, del gruppo austro-canadese Magna e del fondo americano Ripplewood, in modo che Marchionne emerga come un personaggio assetato di soldi del contribuente e dalla mano pesante nei tagli. Mentre i concorrenti si accontenterebbero di 5 miliardi, lui ne pretenderebbe sette. E quanto ai posti di lavoro, l’ad di Fiat ne taglierebbe 18mila mentre i concorrenti «solo» 10mila. Neppure una parola sui piani di sviluppo industriale, invece, che è il piatto forte dell’offerta torinese. E più o meno sulla stessa linea è il sito on-line dello Spiegel che pubblica una graduatoria delle preferenze di Gm, a cui spetta l’ultima parola, secondo la quale il piano Fiat sarebbe al terzo posto, cioè all’ultimo. Quindi, secondo Spiegel, i giochi sarebbero in gran parte già fatti e, quindi, è bene che il cancelliere Angela Merkel ne tenga conto quando, nei prossimi giorni, dovrà rendere note le preferenze del governo tedesco. Per non parlare delle varie trasmissioni televisive in cui non si contano le interviste con sindacalisti e operai che ricordano le esperienze, non troppo felici, della precedente collaborazione tra Fiat e Opel e si dicono allarmati all’idea di un ritorno degli uomini di Torino a Rüsselsheim. Pregiudizi antitaliani? In parte sì, ma sarebbe un errore fare di tutta l’erba un fascio e dedurre che la Germania è un Paese che chiude le porte agli italiani. Basta un giro per Berlino per rendersi conto di quante siano le opere dei nostri architetti: da Renzo Piano, che ha lasciato la sua impronta nella Potsdamerplatz, ad Aldo Rossi fino a Franco Stella che ricostruirà il Palazzo reale.

Sulla Kudamm non si contano, poi, le insegne degli stilisti tricolori. Ma se un imprenditore tenta di sbarcare in Germania, subito scattano diffidenze e ostilità. Ne sa qualcosa Pirelli che negli anni ’80 tentò di annettersi Continental e dovette fare marcia indietro.

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