Claudio Fontanini
Un palco di mille metri quadrati, 260 costumi, 30 ballerini, 7 attori-cantanti (Vittorio Matteucci, Sabrina De Siena, Maria Grazia Di Valentino, Giò Tortorelli, Fabio Privitera, Davide Benedetti e Max Corfini) e 30 canzoni con le musiche di Flavio Premoli e Franco Mussida per Pfm e i testi e il libretto di Vincenzo Incenzo, più di 150 persone impegnate nello staff e 4 anni di preparazione per uno degli spettacoli più attesi della stagione.
Arriva il 2 marzo al Gran Teatro di Tor di Quinto (repliche fino al 5 maggio) Dracula, lopera rock diretta da Alfredo Arias e prodotta da David Zard che ha investito nelloperazione la cifra record di 10 milioni di euro.
«Una sera ho rivisto in tv il film di Coppola e il giorno dopo mi sono ritrovato al pianoforte a suonare sullonda emotiva di quello che avevo visto - dice Flavio Premoli - ho portato un pezzo a Zard che mi ha chiesto di andare avanti ed ecco che la follia ha preso corpo. È unopera articolata molto romantica, unesigenza che sentivo e che mi ha coinvolto in modo passionale».
«Scrivere musica per unopera è davvero un altro mestiere» continua uno degli esponenti del gruppo rock italiano più famoso al mondo «anche se la musica immaginifica appartiene di fatto al dna artistico della Pfm. Nello spettacolo ci sono momenti di grande commozione e speriamo che il pubblico li percepisca: non cè miglior pubblicità dei sentimenti comunicati agli altri».
«Volevo allontanarmi dai canoni della letteratura su Dracula e infatti il mio scritto rispecchia solo in parte landamento del romanzo epistolare di Stoker - dice invece Vincenzo Incenzo, paroliere per Zero, Dalla, Zarrillo e Patty Pravo - i personaggi qui hanno un cammino diverso e il bene e il male convivono come due labbra della stessa ferita».
«Dracula - continua Incenzo - è il nostro specchio e oltre a far paura qui ha paura, in fondo potrebbe anche essere unallucinazione. Lui non è solo il pericolo che va annientato ma anche la liberazione dalle convenzioni attraverso lamore assoluto».
Introspettivo, intimo e romantico, lo spettacolo può essere letto come una metafora della realtà dei nostri giorni. «Il vampiro è il capro espiatorio sul quale proiettare le nostre debolezze ma anche la paura del diverso e di quello che inconsciamente rifiutiamo; la sua è paura damare, del tempo che passa, della gente ed è pericoloso perché esprime il rifiuto individuale di ogni autorità attraverso il sesso: la sua sete di sangue è sete di vita contro le proibizioni».
David Zard difende la sua scelta di non affidarsi ad attori affermati: «I giovani vanno responsabilizzati e regalano un entusiasmo contagioso, vogliono superarsi ogni giorno e non si lamentano mai, con loro sul palco succede sempre qualcosa di magico. I nomi famosi? In Italia di attori completi ne conosco uno, Massimo Ranieri, e ai capricci dei presunti divi preferisco una ventata di aria fresca».
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