Ecco come «smontare» i conflitti

Come ogni professione che si rispetti, anche quella del Conciliatore prevede l’utilizzo di ferri del mestiere.
Possiamo, metaforicamente, pensare a un rapporto incrinato tra due persone come a una macchina che non funziona più bene: il tecnico che interverrà, smonterà la macchina in cerca del guasto, lo identificherà, lo riparerà e rimonterà l’apparecchio ora funzionante.
Il conciliatore procede più o meno nello stesso modo: smonterà la costruzione su cui si basa il rapporto tra le parti confliggenti, indagherà sulle cause del conflitto, le disattiverà e ricomporrà i pezzi smontati. Spesso, però, ciò che si ottiene da quest’ultima fase è diverso, spesso migliore, della situazione esistente all’inizio della procedura di conciliazione.
Qual è lo strumento per «smontare» la macchina guasta in un conflitto? Lo strumento principe è la conoscenza delle tecniche di comunicazione che consentono di mettere a fuoco le varie componenti di una situazione ormai degenerata. In particolare, il conciliatore si avvale della cosiddetta parafrasi, consistente nella ripetizione di quanto spiegato dalle parti togliendo tutti quegli elementi con connotazione negativa ma mantenendone il contenuto.
Altro strumento molto efficace, necessario per la «ricerca del guasto», è rappresentato dalle domande. Ci sono le domande aperte, dette anche di allargamento, quelle chiuse, di conferma, le domande circolari, di reciproca identificazione, quelle ipotetiche, o di simulazione. Saper utilizzare i vari tipi di domande nelle fasi della conciliazione consente di identificare sia i motivi del conflitto, sia le possibili strade per trovare la soluzione più vantaggiosa. Ultima, ma non meno importante, è la predisposizione al problem solving, cioè la tecnica di risoluzione di un problema attraverso gli elementi che si hanno a disposizione.


«I corsi di formazione organizzati da Asac forniscono agli aspiranti conciliatori la conoscenza di quali sono questi ferri del mestiere e di come devono essere utilizzati - dichiara Luigi Pagliuca, presidente dell’Asac - e, come sempre succede, è la pratica a far acquisire la perfetta padronanza degli strumenti.»

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