Le sanzioni non affondano l'economia della Russia: perché il Pil di Mosca sale

La Russia si mantiene aperta al commercio e il Fmi conferma: il suo Pil si espanderà nel 2023 e nel 2024

Le sanzioni non affondano l'economia della Russia: perché il Pil di Mosca sale

La Russia non affonda sul fronte economico e le sanzioni occidentali sembrano essere arrivate al limite massimo di tenuta: lo riporta il Fondo Monetario Internazionale parlando del fatto che la temuta recessione-choc di Mosca non si verificherà. Il Pil della Russia aumenterà dello 0,3% quest'anno e del 2,1% l'anno prossimo invertendo le precedenti previsioni di una forte contrazione nel 2023.

I partner alternativi di Mosca

Il motivo è chiaro e semplice: la Russia, riconosce il nuovo rapporto del Fondo monetario internazionale, non è stata estromessa dall'economia globale e sta continuando a vendere in particolare i suoi asset più strategici, gas e petrolio. Tanto che nemmeno il price cap sul greggio proposto dal G7, scrive il Fmi, non sembra avere possibili effetti: "All'attuale livello di limite massimo del prezzo del petrolio del G7, i volumi delle esportazioni di petrolio greggio russo non dovrebbero essere influenzati in modo significativo, con il commercio russo che continua a essere reindirizzato dalle sanzioni ai paesi non sanzionatori", ha scritto nel report il Fmi.

Dal caso dei telefonini "triangolati" con l'Armenia a più recenti esempi di interscambio con Turchia, Cina, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan lo schema è chiaro: le merci arrivano in Paesi amici o vicini geograficamente alla Russia e doppiano le sanzioni venendo "ripulite" come beni dei Paesi di transito. I forzieri di Mosca restano tutto sommato a livelli sostenibili tenendo conto delle entrate da gas e petrolio e consentono alla Russia di mantenere il cambio del rublo a livelli lontani dall'allarme dei primi giorni seguiti all'invasione dell'Ucraina.

"La maggior parte delle navi portacontainer ha smesso di trasportare merci come telefoni, lavatrici e parti di automobili nel porto di San Pietroburgo", nota il New York Times. "Invece, tali prodotti vengono trasportati su camion o treni provenienti da Bielorussia, Cina e Kazakistan. Fesco, l'operatore di trasporto russo, ha aggiunto nuove navi e nuovi porti di scalo a una rotta con la Turchia che trasporta beni industriali russi ed elettrodomestici stranieri ed elettronica tra Novorossiysk e Istanbul". E questo è solo un esempio tra molti. C'è la possibilità che a dicembre i livelli di commercio siano arrivati alle dimensioni pre-invasione, tanto che Matthew Klein, economista statunitense, nei suoi calcoli ha stimato che a novembre la Russia era a un livello di scambio con l'estero solo del 15% inferiore a quello pre-invasione di gennaio 2022.

I nuovi snodi del petrolio russo

La testata specializzata in questioni artiche Barents Observer ha a tal proposito sottolineato che nello scalo di Murmansk, sito a Nord del Circolo Polare Artico, centrale per le esportazioni di petrolio, le 50 milioni di tonnellate di merci annue sono state sostanzialmente mantenute anche nel 2022, grazie alla nuova triangolazione dell'export di greggio. Tra le destinazioni di petrolio e prodotti raffinati russi partiti da Murmansk spiccavano lo scorso anno i porti turchi di Iskenderun e Zonguldak, quello egiziano di Port Said e anche Mumbai, in India. A cui seguivano spedizioni dirette verso Brasile, Libia, Marocco e Cina. In particolare, tra novembre e dicembre India (40%) e Turchia (21%) compravano quasi due terzi del petrolio esportato dalla Russia tra novembre e dicembre.

Il fronte opposto della ripresa economica è però la riduzione delle alternative e la fine dell'integrazione economica con i partner industriali e tecnologici occidentali. A cui fa seguito una dipendenza crescente dalla Cina su tecnologie critiche come i chip. Elina Ribakova, vice capo economista dell’Institute of International Finance, ha sottolineato che le importazioni di chip in Russia alimentate da Cina e Hong Kong hanno portato all'aumento di oltre il 33% da gennaio-settembre 2021 allo stesso periodo del 2022. Una quota però non sufficiente a sopperire a un'industria nazionale decapitata dalla rottura dei legami con partner europei e Usa, tanto che nonostante il sostegno di Pechino la finalizzazione di molti progetti industriali, come l’aereo civile a lungo raggio MC-21 la cui entrata in servizio sarà ritardata, è messa in dubbio.

Su questi temi la Russia è sicuramente meno "sovrana" di prima della guerra. Ma è il prezzo da pagare per la resilienza di un sistema economico che tra mille difficoltà si mantiene in espansione. Un risultato inconcepibile fino a pochi mesi fa.

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