Il Consiglio dell'Unione Europea, nella riunione dei Ministri dell'Ambiente e della transizione energetica dei Ventisette, ha blindato la decisione dell'Europarlamento di approvare il passaggio dell'industria dell'auto al piano emissioni zero entro il 2035. Un piano approvato tra mille polemiche legate al rischio di un'accelerazione eccessiva della transizione, alle ricadute in termini di dipendenza dalla Cina per i materiali critici e per l'impatto su indotto e occupazione nel Vecchio Continente, nella notte ratificato dal Consiglio Ambiente guidato dalla presidente di turno, il Ministro francese per la Transizione energetica Agnes Pannier-Runacher.
Si blinda la proposta ma non la si trasforma in un compartimento stagno. Nella riunione, presenziata per l'Italia da Roberto Cingolani, il Consiglio ha tentato di smussare le componenti più controverse del piano e previsto una clausola di revisione nel 2026 riguardanti le auto termiche, ibride e ricaricabili. Una sorta di tagliando che lascia pensare come nel 2026, anno di esaurimento dei piani nazionali legati al Recovery Fund, si inizierà a pensare agli step per i nove anni successivi.
L'obiettivo dell'Ue è quello di assicurarsi che il progetto sia praticabile e che nel 2026 all'ambizione con cui lo si sostiene si sommi un'effettiva capacità di controllo sulle tecnologie a disposizione da parte degli Stati e delle imprese e un'accessibilità delle stesse al grande pubblico delle aziende e dei cittadini. "La Commissione", ha detto Ppannier-Runacher al termine del meeting, "dovrà fare inoltre delle proposte sulla possibilità di immatricolazione dopo il 2035 di auto termiche se e solo se le loro emissioni di gas a effetto serra sono nulle".
La soglia del 2026 è obbligatoria, alla luce delle polemiche emerse, per capire la fattibilità industriale dei piani: in quell'anno le case dovranno iniziare a vedere le energie e le tecnologie a disposizione per poter arrivare preparate all'impatto con la transizione totale all'elettrico e capire se essa sarà sostenibile. Il ciclo di vita di un progetto automobilistico, è bene ricordarlo, si basa su progetti di anticipazione del mercato futuro dell'auto che per molte società inizia tra un minimo di cinque e una media di sette anni prima dell’inizio della vendita di un veicolo. Analisi delle tecnologie, studi dei trend di mercato, approfondimento del costo delle materie prime e delle catene del valore fanno sì che questa soglia sia la minima per poter gestire gli onerosi investimenti che il settore dlel'auto, che comporta un anticipo di costi da capogiro per i produttori, deve sobbarcarsi. Un margine di garanzia di almeno un paio d'anni sarà fondamentale per molte case ma potrebbe non bastare, dato che ad esempio i produttorji tedeschi praticano il long range planning che arriva a un anticipo tra i nove e i dodici anni dell'analisi di un nuovo veicolo prima della sua entrata nel mercato.
Ad oggi l'obiettivo zero emissioni al 2035 è qualcosa "che le auto ibride ad oggi non possono conseguire, ma se i costruttori pensano di poterlo fare, vedremo, faremo le nostre valutazione nel 2026, dipende da loro", ha sottolineato a tal proposito il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans. Nel 2026 si valuterà anche la prospettiva dei carburanti sintetici, ad oggi troppo costosi secondo Timmermans.
La proposta, ancora eccessivamente dirigista e ingolfata, esce in un certo senso almeno minimamente annacquata rispetto alla natura prescrittiva della norma votata dall'Europarlamento, anche se la scappatoia del taglio del 90% delle emissioni per il 2035 previsto dall'emendamento bocciato del Partito Popolare Europeo appariva una garanzia di maggior efficienza. Per l'Italia una notizia positiva è rappresentata dal fatto che i ministri dell'Ue hanno dato semaforo verde alla deroga per i piccoli costruttori di auto (di nicchia e di lusso) al taglio delle emissioni da conseguire entro fine 2035. Questo emendamento si rivolge in particolar modo alle aziende della Motor Valley emiliana, produttrice di supercar ad alto contenuto tecnologico e di artigianato industriale. Secondo questo emendamento, definito "emendamento Ferrari", si prevede prolungamento dal 2030 fino al 2036 della deroga per i piccoli produttori di auto (da 1000 a 10mila l’anno) e furgoni (da 1000 a 22mila) dei primi target connessi allo stop alle auto a combustione. Il 50% delle nuove auto e il 55% dei nuovi furgoni dovranno essere non inquinanti entro il 2030; per le aziende coperte dall'emendamento il target si sposta a sei anni dopo, quando per il resto del settore sarà già scattato lo stop alle emissioni inquinanti. Ferrari, Maserati, Lamborghini e gli altri marchi della via Emilia hanno esultato per un contenimento dell'imposizione della transizione che non riguarda però, ad oggi, lo zoccolo duro del settore.
E il 2026 sarà un anno decisivo per capire se il piano europeo sia fattibile o se l'utopia green sta prendendo il sopravvento: da qua ad allora, le case automobilistiche saranno divise tra pressioni alla transizione e un pragmatismo necessario per un settore che ancora deve riprendersi dalla crisi dell'ultimo biennio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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