Il Fisco piomba sul mutuo: cosa si rischia

Anche il mutuo potrebbe fungere da strumento di verifica delle spese del contribuente. Per la Cassazione "diluisce la capacità contributiva"

Il Fisco piomba sul mutuo: cosa si rischia

Si avvicina sempre di più il ritorno dello strumento di accertamento dei redditi dei cittadini. Così il redditometro, dopo lo stop arrivato nel 2018, si prepara a essere di nuovo operativo per gli accertamenti a partire dal periodo d'imposta 2016 con l'intento di dare la caccia agli evasori fiscali. La misura farebbe scattare eventuali controlli in presenza di uno scostamento superiore del 20% tra redditi dichiarati e ricostruiti. Il Fisco, in tal caso, chiederà al contribuente di giustificare determinate spese pur non possedendo redditi sufficienti a sostenerle. I controlli saranno maggiormente precisi e dettagliati grazie anche all'incrocio dei dati statistici con tutte quelle informazioni relative alle spese sostenute dalle famiglie.

Il mutuo nel mirino

Sotto la lente finiranno i consumi telefonici, le spese per medicine, scuola, università, abbigliamento, cura della persona, vacanze e trasporti pubblici. Si aggiungono anche quelle per la gestione di un'autovettura (ad esempio in termini di carburanti e cambio olio), per luce, gas e riscaldamento. Gli uffici dell'amministrazione finanziaria prenderanno in esame varie tipologie di spese che coinvolgono pure mobili, elettrodomestici, servizi per la casa, sanità, comunicazioni, tempo libero, cultura e giochi. Verranno valutati inoltre i dati su investimenti (immobiliari e mobiliari), risparmio e spese per trasferimenti.

Ma non è finita qui. Stando a quanto riferito da MutuiSuperMarket, si aggiungerebbe un'ulteriore voce che finirebbe dunque nel mirino: il mutuo, che potrebbe rientrare nelle diverse uscite monitorate dal Fisco ai fini del redditometro. È già accaduto in passato che il mutuo fosse utilizzato come strumento di verifica "per dimostrare che l'accrescimento del patrimonio del contribuente non fosse compatibile con i redditi dichiarati".

"Il mutuo diluisce la capacità contributiva"

Sulla questione si è espressa la Corte di Cassazione, che con la sentenza 26668/20 ha dato ragione all'Agenzia delle Entrate a seguito del ricorso di un contribuente. Le motivazioni sono state respinte perché, anche sottraendo all'importo del mutuo la parte pagata dai genitori, il capitale residuo comunque risultava essere incongruo rispetto ai redditi dichiarati.

Nello specifico, la Suprema Corte aveva effettuato una precisazione ben chiara: qualora l'ufficio dovesse determinare sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali e il contribuente dovesse dedurre e dimostrare che tale spesa è giustificata dall'accensione di un mutuo ultrannuale, "il mutuo medesimo non esclude ma diluisce la capacità contributiva". Quindi "deve essere detratto dalla spesa accertata (ed imputata a reddito) il capitale mutuato, ma ad essa vanno, invece, aggiunti, per ogni annualità, i ratei di mutuo maturati e versati".

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