Governo e Atlantia ai ferri corti. All'indomani del vertice di governo che ha dato 10 giorni alle parti per trovare un'intesa, pena la revoca, la situazione è precipitata. Da una parte il premier Giuseppe Conte ha ammesso che «c'e stallo» sulla trattativa e che, «a questo punto, la questione ritorna al primo consiglio utile per le valutazioni conseguenti». E, dall'altra, Atlantia, ha presentato un altro esposto a Consob - l'ultimo è del 14 luglio - chiedendo di valutare i provvedimenti da adottare a seguito delle dichiarazioni fatte ieri a mercati aperti dai ministri Stefano Patuanelli (Sviluppo economico) e Paola De Micheli (Trasporti). Parole che hanno determinato la sospensione delle negoziazioni per eccesso di ribasso di Atlantia: il titolo ha chiuso in calo del 2,16% a 13,14 euro (con 2,5 milioni di volumi scambiati), ma ha avuto un crollo a 12,8 euro dopo che, Paola De Micheli ha definito la revoca ormai «probabile». Sulla stessa linea anche Patuanelli: «Le trattative mi portano a dire che non solo una revoca è possibile, ma se Atlantia non si rende conto di quello che sta succedendo, è anche l'esito più probabile».
E così, in serata, è arrivato l'esposto, Atlantia: una mossa necessaria a «tutelare gli interessi degli oltre 37mila azionisti» e della società e «a garantire la parità informativa», visto che nessuna decisione del governo sulla concessione, «è stata ancora comunicata». Atlantia ha inoltre evidenziato a Consob come «simili inaccettabili dichiarazioni a Borsa aperta - in aperto contrasto con le norme del Tuf - fossero già state oggetto di precedenti esposti», Da qui l'auspicio di un «deciso intervento» dell'Authority «volto a garantire la regolarità del mercato. L'impatto di simili dichiarazioni può, infatti, alterare il valore della società».
Sempre nella serata di ieri è stato poi reso noto il contenuto della lettera inviata mercoledì notte ai vertici di Atlantia in cui il governo mette nero su bianco che «la nuova proposta, che modifica i termini dell'accordo transattivo e ipotizza un processo di cessione dual track, appare completamente diversa dalle condizioni e dai termini indicati nella originaria proposta del 14 luglio scorso. A tacer d'altro - si aggiunge -, il processo indicato rimane incerto nei tempi e nell'esito finale, con il risultato che appare assolutamente inidoneo a definire la vertenza». Inoltre, in merito al coinvolgimento di Cassa Depositi, si sottolinea che «è stato ipotizzato sempre e comunque sulla base di criteri competitivi e di prassi correnti di mercato». La missiva sferra poi il colpo finale: «Questo stato di incertezza e le continue modifiche richieste stanno producendo l'effetto di ritardare gli investimenti». Accuse nuovamente respinte dal gruppo che fa capo alla galassia Benetton.
Visto lo stallo totale, Sestino Giacomoni (FI), presidente commissione parlamentare di vigilanza sulla Cdp, ha scritto al presidente della Camera Roberto Fico, chiedendo a Conte un'informativa urgente in Parlamento: «Il governo si è impantanato. Quella che è stata presentata come una procedura dovuta e semplice, si sta rivelando un buco nero che sta risucchiando al proprio interno le insensatezze e l'impronta populista di una compagine di governo inadeguata, superficiale e incapace.
Hanno provato a mettere in mezzo Cdp pensando fosse un bancomat, scoprendo poi che la serietà e l'accortezza del management sono, per fortuna dei milioni di risparmiatori postali, le prerogative basilari di Cassa, che deve operare come un market unit».
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