Giovedì Antonio Patuelli prenderà possesso dell'ufficio di presidenza dell'Abi, liberato la scorsa settimana dal dimissionario Giuseppe Mussari. Al numero uno di CariRavenna, storico braccio destro di Giuseppe Guzzetti all'Acri, il compito di disinnescare una situazione potenzialmente esplosiva. A preoccupare le banche associate, insieme alle sofferenze giunte oltre il livello di guardia (122 miliardi a novembre a livello aggregato), è infatti il problema della «reputazione» verso famiglie e imprese clienti. Un'immagine quella degli istituti di credito, messa a dura prova dal credit crunch, e ora colpita dallo scandalo derivati che ha travolto la vecchia gestione del Monte Paschi, all'epoca presieduta proprio da Mussari.
Il Comitato di presidenza dell'Abi, retto pro-tempore dal vicario Camillo Venesio, è così corso ai ripari affidandosi all'unanimità a Patuelli. Ora la parola passa alla riunone straordinaria dell'esecutivo in calendario giovedì prossimo, ma a colpire sono soprattutto i toni utilizzati da Palazzo Altieri: presente il presidente di Mps Alessandro Profumo, invitato da Venesio come «voce» delle grandi banche, il vertice dell'Abi ha infatti riconosciuto «la necessità e l'urgenza» di indicare «in tempi brevi una candidatura unica, forte e autorevole» per la sua guida. Con un anno di anticipo rispetto alla scadenza, termina così l'era Mussari e inizia quella di Patuelli. A quest'ultimo il compito di rimediare alla situazione: il banchiere bolognese ha tuttavia alle spalle due legislature con il Partito liberale, che tra il resto gli assicurano il relativo vitalizio, e proprio questo è letto da alcuni come un elemento di fragilità che conferma la supremazia della politica.
Il passaggio di consegne sancisce poi, come previsto dal criterio dell'alternanza, la consegna dell'Abi dalle grandi alle piccole banche, quelle che meglio conoscono il territorio. Patuelli avrà a disposizione due mandati per un totale di quattro anni, ma alcuni a Palazzo Altieri pensano che a conti fatti gli anni saranno 5, considerando quello che sta per iniziare come una sorta di «interregno».
Le opzioni per risollevare la reputazione dei gruppi creditizi non mancano e potrebbero tradursi sia in un'accelerazione sul fronte delle cosiddette «carte di comportamento» che spronano i soci a condotte concordate sia in road show nelle città dedicati ad esempio all'educazione finanziaria o anche in una vera «moratoria» sui compensi dei top manager. Il percorso è stato avviato da Mussari, cui si deve la spending review che ha portato al taglio delle strutture dell'Abi, ma è incompleto: Palazzo Altieri prende comunque atto «del senso di responsabilità dimostrato» dal banchiere calabrese, nel tenere le vicende dell'associazione «distinte » da quelle del Monte.
Il terzo problema sul tavolo di Patuelli è quello occupazionale: in alcuni documenti riservati il vertice di Palazzo Altieri ha infatti già definito l'attuale situazione «insostenibile» sia dal punto di vista degli aumenti previsti dal contratto nazionale sia del Fondo esuberi. Solo considerando i piani di ristrutturazione approvati, dopo aver eliminato 15mila esodati, le banche hanno gettato le basi per rottamare altri 19.980 addetti da qui al 2018 e riportare il costo del lavoro a un livello accettabile con la gelata dei consumi.
A guidare le trattative con i sindacati sarà Francesco Micheli, che è anche direttore generale di Intesa Sanpaolo: il primo scoglio da affrontare resta trasferire all'industria del credito l'accordo sulla produttività voluto dal governo Monti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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