Berlino dichiara guerra a Renzi: "Non ci fidiamo, basta debiti"

Il presidente di Bundesbank sceglie Repubblica per attaccare l'Italia: "No all'acquisto di bond". Poi avverte il governo: "Roma sia responsabile"

Angela Merkel e il presidente della Deutsche Bundesbank Jens Weidmann
Angela Merkel e il presidente della Deutsche Bundesbank Jens Weidmann

È ancora Germania contro Italia. Cade così nel vuoto l'appello del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Berlino torna ad attaccare a testa bassa. "L'acquisto di titoli sovrani nell’Eurozona è da valutare diversamente che in altre aree valutarie - tuona Jens Weidmann, presidente di Bundesbank - in Europa accanto alla politica monetaria comune abbiamo 18 Stati con politiche finanziarie indipendenti e rating e situazioni di debito ben diversi. Ciò crea tentazioni di indebitarsi di più e scaricare le conseguenze sugli altri". Il presidente della Buba sceglie Repubblica e altri due giornali europei per bastonare il premier Matteo Renzi e il presidente della Bce Mario Draghi sbarrando la strada alla possibilità di acquisire i bond. "Non vedo questa urgenza", taglia corto.

Secondo Weidmann, l'inflazione tornerà a crescere e spiega come il calo dei prezzi energetici sarà come un piccolo programma di aiuti per la congiuntura: "Rafforza il potere d’acquisto dei consumatori, accresce gli utili delle aziende. Quindi non c’è necessità vincolante di reagire". Tornando sul ruolo della Bce, il numero uno della Bundesbank si affretta a imbrigliare Draghi ponendosi contro chi ritiene che Francoforte debba agire contro la crisi. "Le banche centrali non sono governi paralleli - sottolinea - la politica europea deve essere fatta da Parlamenti e governi, e la risposta ai problemi non può essere sempre dare nuovi compiti alla Bce". Con Draghi si telefonano spesso. E si incontrano pure a quattr'occhi. Ma le posizioni restano distanti. Weidmann rè convinto che la Germania dovrebbe fare più pressioni sulla comunità internazionale. "Berlino dovrebbe fare di più per la crescita - continua - ma non ha bisogno d’un fuoco di paglia congiunturale. E inoltre più investimenti tedeschi avrebbero conseguenze ben limitate nel resto dell'Eurozona".

Per la Germania il punto non è tanto Bruxelles. Il nemico numero uno resta Roma. "Il governo italiano sa molto bene che cosa deve essere fatto, e giustamente ha preso alcune iniziative - incalza Weidmann - a fronte dell’alto debito sovrano, naturalmente, il consolidamento del bilancio è di un’importanza speciale". Ma non basta. Il Jobs Act, per esempio, è solo un primo passo. "Adesso deve essere anche tradotta in pratica", fa notare il governatore della Buba sbarrando, tuttavia, la strada all'erogazione di nuovi investimenti. Come già detto ieri dal presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, anche Weidmann ricorda all'Italia che il debito pubblico è già troppo alto. "Un rinvio del consolidamento non farebbe che rinviare i problemi, che in tal modo non farebbero che crescere - spiega - in questo senso è decisivo varare una politica di consolidamento credibile. Se si ritiene necessario avere un maggior margine di manovra per investimenti, tale margine dovrebbe essere conseguito con una revisione delle priorità di bilancio".

La maggiore flessibilità chiesta da Renzi e Hollande non va proprio giù a Weidmann. Che, nell'intervista a Repubblica, ricorda: "Se una regola viene interpretata in modo troppo flessibile, alla fine non è più vincolante". Quanto alla decisione della Commissione Ue di ammonire Italia e Francia ma senza aprire procedure, Weidmann si sarebbe aspettato decisioni più chiare: "È sbagliato dare l’impressione che le regole sono sempre negoziabili e il consolidamento sempre rinviabile. Il nostro obiettivo deve essere restituire solidità alla fiducia nelle finanze pubbliche nell'Eurozona.

E una responsabilità speciale per la credibilità delle regole concordate insieme spetta ai paesi maggiori quali Italia, Francia o Germania. Se uno solo di questi Paesi non sarà all’altezza della propria responsabilità, avremo tutti un problema".

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