Borsa Spa, Londra stringe sulla vendita

Intesa accanto a Euronext-Cdp. Da Six la fiche più generosa

Borsa Spa, Londra stringe sulla vendita

Si infiamma la partita su Borsa Italiana, messa in vendita dal London, Stock Exchange a fine luglio. I tempi per la cessione appaiono stretti: ieri è stata ufficializzata la partecipazione di Intesa Sanpaolo alla cordata già costituita da Euronext, Cdp, Cdp Equity. Gli altri due pretendenti sono Deutsche Boerse e Six Group. Le offerte, secondo indiscrezioni, valuterebbero Piazza Affari tra i 3,4 e i 4,5 miliardi di euro. La fiche più generosa sarebbe quella messa su piatto degli svizzeri di Six, il gruppo che gestisce la Borsa di Zurigo: la stessa Credit Suisse che insieme a Equita è consulente di Zurigo sarebbe la sola tra gli advisor dei tre schieramenti ad aver valutato Piazza Affari una cifra superiore ai 4 miliardi richiesti come base dall'Lse (la forchetta era compresa tra i 3,3 e i 4,3 miliardi).

Londra, a quanto risulta, ha già ultimato un primo giro di presentazioni e incontri con i tre offerenti e con l'inizio della settimana ha aperto la fase di verifica e analisi delle attività afferenti a Borsa Spa, così da poter chiudere questa prima fase entro fine mese e arrivare a una definizione entro ottobre.

La Borsa di Londra ha tempo fino al 16 dicembre per decidere quale strada percorrere per ricevere il via libera da parte della Commissione Europea alla maxi-acquisizione di Refinitiv. Ma il ritmo indicato dalla City è piuttosto serrato. In teoria potrebbe bastare la sola cessione di Mts, la piattaforma di negoziazione dei titoli di Stato, valutata tra i 600 e i 700 milioni di euro. Ma gli offerenti preferiscono una formula «all inclusive», che farebbe confluire liquidità nelle casse del London Stock Exchange, alle prese con una operazione da 27 miliardi.

La decisione finale non potrà comunque essere una pura questione di prezzo: Piazza Affari è un asset strategico per l'Italia come ha sottolineano Roberto Gualtieri, ministro dell'Economia, dicendosi pronto a ricorrere al golden power. Con la decisione del Tesoro di schierare la propria controllata Cdp a fianco di Euronext, costellazione di listini europei (Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Dublino, Lisbona e Oslo) su base confederata, è evidente che Francoforte e Zurigo partano in svantaggio.

La società guidata da Fabrizio Palermo avrebbe già trattato le condizioni con Euronext: Cdp entrerebbe nel circuito di listini paneuropeo con l'8% del capitale, pareggiando la partecipazione dei francesi di Caisse des Dépôts et Consignations e dei belgi di Euroclear, mentre Intesa Sanpaolo con il 2,12% così da bilanciare il peso di Bnp Paribas. Gli italiani avrebbero poi parità di poteri di governace dei francesi e la presidenza del consiglio di sorveglianza oggi in mano agli olandesi.

Borsa Italiana con i suoi 181,6 milioni di ricavi rappresenterebbe il 30% circa del giro d'affari di Euronext (679 milioni), mentre sarebbe di gran lunga inferiore il suo apporto a Deutsceh Boerse (che ha chiuso il 2019 con 2,93 miliardi di ricavi) o a Sic (giro d'affari di 1,13 miliardi di franchi). Il match tuttavia è tutt'altro che chiuso non solo a livello di prezzo, ma anche livello di governance. Per Deutsche Boerse e Six si tratta di una acquisizione, ma i due gruppi sono più che disponibili a dare garanzie di autonomia.

Six sarebbe poi più che aperto a trovare modalità di governance gradite a Roma. Francoforte invece starebbe sondando, grazie alla consulenza di Claudio Costamagna, ex presidente Cdp, la possibilità di un'alleanza tricolore.

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