Generali va avanti con i lavori per la lista del cda, con la presentazione oggi della prima long list di venti nomi candidabili al rinnovo del vertice, nonostante il board perda membri e pendano davanti alla Consob temi e interrogativi rilevanti in merito.
Dopo lo strappo, giovedì notte, di Francesco Gaetano Caltagirone (all'8,04% della compagnia assicurativa), ieri mattina sono infatti arrivate le dimissioni dal board di Romolo Bardin, ad della Delfin di Leonardo Del Vecchio (al 6,62% di Generali), motivate riferendosi alle modalità operative e ad alcune scelte del consiglio e dei comitati a cui partecipa, con particolare riguardo anche al processo di formazione della lista del cda.
I tempi stringono: l'assemblea del 29 aprile chiamata ad approvare il nuovo board è alle porte e il mercato attende gli esiti degli interrogativi posti alla Consob, più di un mese fa, dall'imprenditore romano sulla adozione della lista del cda e sul prestito titoli effettuato Mediobanca (di cui due imprenditori detengono insieme il 23% circa del capitale). La presentazione della lista del board, prevista dallo statuto di Generali, è stata strenuamente voluta da Piazzetta Cuccia (al 12,82% del capitale del gruppo e al 17,25% dei diritti di voto), appoggiata da De Agostini (socio in uscita impegnatosi a mantenere i diritti di voto fino all'assemblea) e approvata dal cda di settembre. Ma la scelta è stata fin da subito avversata dai tre soci del patto di consultazione sul Leone (al 16,19%): Caltagirone, Del Vecchio e Fondazione Crt, che chiedono un cambio radicale di management e di strategia e contestano che la lista del cda non rappresenti altri che Mediobanca. L'autorità di vigilanza, dopo aver pubblicato un documento di richiamo sul tema dal punto di vista giuridico (la lista del cda, introdotta dal mondo anglosassone, pur essendo sempre più diffusa, non è stata finora regolamentata dal legislatore), ha avviato e chiuso una consultazione al mercato di cui, da un mese, si attendono gli esiti.
In questo scenario si consuma il braccio di ferro tra i due schieramenti, mentre in piazza Affari è già partito il count down. La lista del cda, guidata dall'ad Philippe Donnet, sarà deliberata dal cda del 14 marzo dopo una prima sfoltita giù a metà febbraio. Quanto ai pattisti, che si avvalgono della consulenza di Georgeson, Bain e dell'ex ad di Cdp Fabrizio Palermo, il piano dovrebbe essere presentato formalmente a metà febbraio, preparato da Caltagirone, al lavoro sulla lista alternativa a quella del cda. Piano e lista, oltre a godere dell'appoggio di Delfin e Fondazione Crt, potrebbero raccogliere in assemblea anche il consenso dei Benetton (al 3,97%). Del Vecchio resta invece più concentrato nel ruolo di frontman nella partita probabilmente successiva: quella di Mediobanca di cui ha in mano quasi il 20%. Nel frattempo, potrebbero non mancare soprese: l'uscita dal cda da parte di Caltagirone e Delfin permetterà ai due soci di rafforzarsi con più facilità nel capitale Generali, senza dover rispettare i black period e senza dover comunicare ogni singola operazione di shopping. Un vantaggio tattico verso Piazzetta Cuccia che ha già dimostrato tempi di reazione molto rapidi.
In Piazza Affari, comunque, Generali ha chiuso la seduta in rialzo dello 0,7% a 18,58 euro, in linea con l'andamento del
mercato, senza risentire del terremoto nella governance, né beneficiare della guerra in corso per la conquista del timone del gruppo che gestisce 680 miliardi di asset e custodisce 60 miliardi circa di debito pubblico italiano.
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