Se ne parlas ormai da settimane. E, ad oggi, sembrano ormai maturi i tempi per un vestito tutto nuovo al nostro sistema tributario. Venne varato nel 1973 ed è vecchio, dunque, di 47 di anni. Il governo sarebbe pronto a fare una maxi riforma delle tasse. Si tratta di una riforma che ha come cardine il valore della progressività. Il concetto di progressività, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, lo ha ripetuto spesso: "Chi guadagna di più, deve dare di più".
Tutto parte da un piano ben congegnato già agli inizi di febbraio, quando la pandemia in Italia era ancora lontana. Tutti: parti sociali, economisti e politici avevano dimostrato l’idea di andare avanti. Poi arriva il coronavirus, il lockdown e la chiusura dei confini. Oggi, le cose sembra stiano ripartendo. Ma a che prezzo? Le categorie più direttamente coinvolte dalla crisi, negozi e alberghi in testa, lamentano l’insufficienza dei provvedimenti sul tavolo. Si rischia la chiusura di 50mila attività. Ancor più drastica la previsione del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi: "Si parla di qualcosa tra i 700mila e un milione di posti di lavoro che sarebbero a rischio".
I parlamentari della maggioranza sono a lavoro. Pronti a ritirare fuori dal cassetto le proposte avanzate nei mesi scorsi. Il Movimento 5 Stelle è saldo sulla proposta di ridurre da cinque a tre gli scaglioni e le relative aliquote. I dem vanno sulla strada di Berlino per trovare il piglio giusto: adottare il modello tedesco. Cancellare aliquote, scaglioni e sostituirli con un algoritmo che attribuisca a ciascun contribuente la sua aliquota sulla base di quanto guadagna. Un sistema che, secondo i dem, manterrebbe la progressività ed eviterebbe molte complicazioni. Anche Matteo Renzi è pronto a cavalcare l’onda. La proposta di Italia Viva? Riduzione a tre aliquote e un minimo esente di 24mila euro per una famiglia di quattro persone.
C’è chi parla di una rimodulazione, qualcosa che alla fine dei conti favorisca una riduzione delle tasse. Una tesi, questa, che non convince il centrodestra. Infatti la Flat Tax andrebbe ad abbattere e di parecchio la progressività che tanto piace a sinistra. Il premier Giuseppe Conte e i suoi alfieri, tra cui il già citato Roberto Gualtieri, cercano invece un altro percorso.
La ricetta fiscale del centrodestra
A parlare di riforma fiscale sono ormai tutti. E il centrodestra sfodera la sua ricetta. "Servono, mai come in questo momento, grandi riforme strutturali per far ripartire il Paese". A parlare dalle colonne di Libero è Armando Siri, mente economica della Lega. Già sottosegretario alle Infrastrutture nel governo gialloverde e regista della Flat Tax per le partite Iva. Ha depositato al Senato il disegno di legge completo per la riforma del sistema fiscale.
Siri apre ai giallorossi. "In un momento di crisi come questo, occorre superare i pregiudizi ideologici. Quelli che questa maggioranza ha sempre dimostrato nei confronti della libera impresa, delle professioni e del lavoro autonomo. Mi auguro che quelli di Gualtieri non siano solo annunci". Il centrodestra punta tutto sui piccoli imprenditori, le partite Iva, i lavoratori autonomi, i liberi professionisti.
L’obiettivo è l’estensione dell’aliquota unica al 15% alle famiglie. "Introduciamo il principio della tassazione del reddito familiare", spiega. "La nostra proposta prevede un’aliquota unica al 15% per i single fino a 30mila euro, per le famiglie monoreddito fino a 60mila euro e per le famiglie bi-reddito fino a 70mila euro". A questo si aggiunge la cancellazione delle aliquote al 41 e al 43%. Rimarrebbero quelle al 23, al 27 e al 38%. Per le partite Iva ritorna il tetto di fatturato a 100mila euro per usufruire della Flat Tax. Aliquota al 15% anche per le società. Dal 2023 l’orizzonte è estendere il 15% a tutti senza limiti di reddito.
La voce della Corte dei Conti e dei sindacati
Anche la Corte dei Conti è intervenuta nel dibattito per chiedere una riforma generale del sistema fiscalistico. I magistrati contabili hanno tracciato alcune linee di intervento urgenti. Alzano la voce anche i sindacati. Secondo la Uil, la riforma dell’Irpef che prevederebbe una riduzione a 4 degli scaglioni, con un passaggio della aliquota centrale dal 38% al 36% è tutto tranne che la riforma fiscale di cui il Paese ha bisogno.
La Uil ricorda come per i lavoratori dipendenti e i pensionati, che contribuiscono al 95% del gettito netto Irpef, l’intervento così disegnato si tradurrebbe in una riduzione delle tasse di poche decine di euro all’anno. Questa ipotesi, infatti, secondo le stime del sindacato, non prevederebbe nessun taglio delle tasse per i redditi fino a 28mila euro annui. Bisognerebbe arrivare ad un lordo di 39mila euro per avere un taglio di 200 annui, circa 15 euro al mese. Mentre per i redditi oltre i 75mila euro la riduzione sarebbe di 1.540 euro annui.
La riforma fiscale così come anticipata, dunque, prosegue lo studio Uil, inciderebbe esclusivamente, sui redditi superiori ai 28mila euro lordi annui. Nella fascia superiore a 28mila rientra il 24% dei lavoratori dipendenti. Il reddito medio di costoro si colloca a 39mila euro lordi all’anno: per questi la riduzione annua sarebbe pari a -200 euro, -15 euro al mese per 13 mensilità. I pensionati che hanno un reddito superiore a 28mila euro lordi annui sono il 20% del totale.
Per questi il reddito medio è di 33mila euro lordi annui e in questo caso la riduzione annuale sarebbe pari a -100 euro, -7,6 euro quella mensile. Ovviamente l’impatto maggiore della riduzione dell’aliquota e del numero degli scaglioni opererebbe sui redditi più elevati e si stabilizzerebbe dopo i 75mila euro a un importo pari a - 1.540 euro annui.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.