Cattolica Assicurazioni accoglie i rilievi dell'Ivass e prepara un futuro all'insegna della discontinuità rispetto al recente passato. Il presidente Paolo Bedoni, infatti, ha confermato l'intenzione di effettuare un passo indietro e nel cda di ieri ha comunicato la volontà di mettere a disposizione la partecipazione al comitato nomine «pur essendo questa prevista statutariamente». Con il numero uno lascia pure il vicepresidente vicario del comitato, Aldo Poli.
La decisione segna, di fatto, l'accettazione delle direttive impartite dall'istituto di vigilanza guidato da Daniele Franco e, in pratica, conferma che, con l'avvio del nuovo regime di spa, Bedoni non farà più parte del nuovo consiglio, essendo il comitato nomine organo deputato a preparare la lista da sottoporre all'assemblea. L'assise si svolgerà a maggio, una volta iscritto nel Registro delle imprese, il cambiamento di ragione sociale. L'attuale organo proseguirà comunque la propria attività, seppure in forma ridotta, avvalendosi di Eugenio Vanda, consigliere indipendente, quale presidente, «per assicurare la normale e trasparente funzionalità».
L'uscita di Bedoni, come detto, è prodromica alla predisposizione del piano di rimedi richiesto dall'Ivass entro l'inizio di marzo che, assicura la compagnia, sarà redatto «con tempestività e sotto la responsabilità dell'amministratore delegato, Carlo Ferraresi». A questo proposito, occorre ricordare quali fossero le riserve manifestate dall'Authority nella lettera inviata lo scorso 8 gennaio al consiglio di amministrazione dell'assicuratrice veronese. In primo luogo, si contestavano al presidente Bedoni condotte che «hanno alterato il processo di formazione delle decisioni e che, per la loro opacità, hanno pregiudicato il diritto degli amministratori all'assunzione di decisioni informate». Sotto la lente dell'autorità che fa capo a Bankitalia sono finite, in particolare, la joint venture con Banco Bpm (recentemente sciolta proprio da Piazza Meda) e gli investimenti in H-Farm, nel Fondo Ca' Tron HCampus. L'Ivass ha poi messo in discussione «il ruolo di indirizzo e di monitoraggio» del cda sulle controllate Cattolica Beni Immobili e Cattolica Agricola in perdita per complessivi 23 milioni dalla loro costituzione. Infine, è stata richiesta l'alienazione degli oltre 20 milioni di azioni rivenienti dall'esercizio del diritto di recesso esercitato dai soci contrari alla trasformazione in società per azioni. Ultimo ma non meno importante la rapida execution della seconda tranche del programmato aumento di capitale da 200 milioni funzionale alla ripatrimonializzazione della compagnia.
Le osservazioni dell'Ivass mettono in questione sia il passato (le prerogative del «socio forte» con il 9,9% Berkshire Hathaway, chiamato dall'ex ad Minali, non sono state
rispettate) che il futuro. Generali, che detiene il 24,4%, potrebbe essere chiamata a fare una «scelta di campo». Tutt'altro che semplice perché un ulteriore intervento passerebbe per l'assunzione del controllo e l'obbligo di Opa.
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