La follia di Berlino: demolisce l'Europa lucrando sull'euro

Con lo spread favorevole sui Bund tedeschi la Merkel specula sulle spalle degli altri Paesi Ue. E Monti? Non ha risolto nulla

La follia di Berlino: demolisce l'Europa lucrando sull'euro

Facciamo quattro conti sul retro di una busta. Un anno fa, primo giu­gno 2011, lo spreadtra Btp a 10 anni e corrispondenti tito­li­tedeschi registrava 174 punti ba­se. Ai tempi ancora pochi conosce­vano questa variabile ma nel giro di qualche mese con l’incubodel­lospread abbiamo vissuto un an­no di passione, pensando che ci avrebbe portato al tracollo e che in balia dello spread sarebbero esplosi i conti pubblici italiani. At­tenzione, però. Lo spread si forma sul mercato secondario, dove ven­gono­scambiati privatamente tito­li già in circolazione. Il servizio del debito,quindi l’effettivo costo per lo Stato, si determina invece men­silmente in sede di asta. In più lo spread è un metro elastico che au­mentanon solo se sale il rendi­mento dei nostri titoli di Stato ma anche se il rendimento dei nostri titoli rimane stabile e contestual­mente scende quello dei Bund te­deschi.

Per capire, quindi, cosa è davve­ro successo andiamo ad analizza­re i risultati delle aste in Italia e in Germania nel periodo maggio 2011-maggio 2012. 1) Maggio 2011: il Tesoro italiano ha assegna­to 3,7 miliardi di Btp a 10 anni a un rendimento lordo del 4,84%. Di contro, il Tesoro tedesco ha emes­so Bund decennali per 4,1 miliar­di a un rendimento del 3,04%. 2) Maggio 2012: emessi 2,3 miliardi di Btp italiani a un rendimento lor­do del 6,03% ( 1,19% in più rispetto a maggio 2011) e 4,1 miliardi di Bund tedeschi a un rendimento lordo dell’1,47% (1,57%in meno ri­spetto a maggio 2011). Stiamo pa­gando il servizio del debito ai tede­schi. Ma se continua così, con que­sti differenziali nei tassi e con la Germania che guadagna a scapito degli altri Stati, non ci sarà più un mercato europeo per i prodotti te­deschi, perché nessuno avrà i mez­zi per comprarli. Con questo atteg­giamento, la Germania sta taglian­do il tronco su cui siede. L’anda­mento dei rendimenti spiega an­che le quantità assegnate: il Teso­ro italiano ha ridotto le emissioni (non sostenibili per importi mag­giori a causa dei rendimenti eleva­ti) mentre il Tesoro tedesco le ha mantenute alte, data la conve­nienza.
Cosa è successo in un anno? Il governo italiano aveva approva­to, già il 13 aprile 2011, il Docu­mento di Economia e Finanza (Def), trasmesso all’Europa il 6 maggio 2011,con l’impegno a rag­giungere il pareggio di bilancio nel 2014. Nei mesi successivi, Commissione e Consiglio Ue han­no espresso il proprio consenso sul Def, rispettivamente il 7 e il 24 giugno 2011. Le previsioni di cre­scita del Pil riportavano + 1,1% nel 2011; +1,3% nel 2012; +1,5% nel 2013; +1,6% nel 2014. Il problema
 

L’ALCHIMIA ANTI ATENE 

L’anno scorso Deutsche Bank si liberò dei bond greci: così crollò tutto Grecia incombeva e cominciava a prendere forma il cosiddetto Fon­do «Salva-Stati». La situazione era ancora, più o meno, sotto control­lo.

Poi è cominciata la tempesta perfetta: una serie di eventi, poco significativi se presi singolarmen­te, ma devastanti nella loro combi­nazione. A cominciare da Deut­sche Bank, che il 30 giugno 2011 ha reso noto di aver ridotto, rispet­to al 31 dicembre 2010, la propria esposizione nei confronti del debi­to pubblico greco da 1,5 miliardi di euro a 1 miliardo (-28%)e l’espo­sizione in titoli di Stato italiani da 8 miliardi a 1 miliardo (-88%), in­nescando un meccanismo folle che ha presto spinto le istituzioni finanziarie degli altri Stati a fare lo stesso, con il risultato di generare panico sui mercati.

Così l’Europa ha cominciato ad essere esposta a ondate speculati­ve cicliche, con uno o più Paesi su cui concentrare l’attacco. L’Ue non ha saputo reagire: decisioni quasi sempre tardive e deboli, po­ca solidarietà, egoismi nazionali e masochismo. Anche la Bce, per quanto abbia cercato di garantire stabilità economica e finanziaria, ha dimostrato l’inadeguatezza del ruolo che i Trattati europei le attribuiscono. Le due aste di credi­to a breve termine al tasso dell’1% alle banche, del 21 dicembre 2011 e del 29 febbraio 2012, per 1.000 miliardi di euro, si sono rivelate un fuoco di paglia e hanno contri­buito a­far diminuire gli spread so­lo temporaneamente.
Dal 19 mar­zo è ricominciata la corsa al rialzo, con i problemi in Grecia che conti­nuavano ad aggravarsi e, questa volta, con la Spagna al centro del ciclone.

Nel frattempo in Italia era parti­ta la rincorsa: tra luglio e novem­bre 2011 sono state varate mano­vre per 145 miliardi ( che si aggiun­gono ai 120 miliardi delle mano­vr­e dei precedenti 3 anni di gover­no Berlusconi, per un importo to­tale di 265 miliardi, prevalente­mente di tagli, senza aumenti di tasse). In particolare, il dl 138 del 13 agosto 2011 ha anticipato il pa­reggio di bilancio - previsto dal Def nel 2014- al 2013, in risposta al­le richieste avanzate dalla Bce nel­la lettera all’Italia del 5 agosto 

TEMPESTA PERFETTA 

Berlusconi fece manovre da 145 miliardi. Inutili: il problema non era l’Italia 2011. Non solo: il 26 ottobre 2011, il governo si è nuovamente impe­gnato, con la lettera ai presidenti del Consiglio e Commissione Ue, alla creazione delle condizioni strutturali per la crescita dell’inte­ro Paese.

Non è bastato. Non poteva ba­stare. Perché il problema non era, come non è tuttora, l’Italia. Il pro­blema non sono le politiche eco­nomiche dei singoli Stati: il proble­ma è la mancanza di una gover­nance forte dell’Ue, la titubanza nel prendere le decisioni, il ruolo inadeguato della Bce. Invece si è pensato che la soluzione fosse mandare a casa i governi in carica. In Grecia, in Spagna, in Italia e ulti­mamente in Francia.

Nel nostro Paese si pensava che l’esecutivo tecnico guidato dal professor Monti avrebbe risolto tutti i problemi. Non serviva la bac­chetta magica: bastava il nome. In­vece no. Quella che doveva essere la soluzione si è rivelato essere, al contrario, proprio il problema. Le politiche economiche adottate dal governo da dicembre 2011 a oggi hanno avuto effetti recessivi tali da annullare i risultati positivi attesi. Il governo ha sovradimen­sionato l’entità dei provvedimen­ti varati rispetto alla misura otti­male, compromettendo, di fatto, il raggiungimento degli obiettivi (overshooting ).

Così, a un anno di distanza, le previsioni di crescita del Pil ripor­tano -1,2% nel 2012; +0,5% nel 2013; +1% nel 2014 e +1,2% nel 2015. Il confronto con i dati ripor­tati all’inizio è presto fatto. Il pro­blema Grecia è ancora irrisolto e sul Fondo Salva-Stati la discussio­ne è ancora in alto mare. A parte i numeri, drasticamente cambiati in negativo, il quadro delle deci­sioni da prendere a livello euro­peo è rimasto invariato.

Tornando a spread e rendimen­ti, siamo nuovamente ai livelli di crisi. L’andamento dello spread Btp-Bund nel periodo settembre­metà novembre 2011, che ha rag­giunto i massimi livelli e ha porta­to alla crisi del governo Berlusco­ni, è sovrapponibile, per arco tem­porale, punti base e inclinazione, all’andamento di metà marzo-fi­ne maggio 2012 ( da 290-291 punti base a 467-457). I rendimenti lor­di dei BTP a 10 anni assegnati in asta confermano la tendenza: a settembre, ottobre e novembre 2011 i Btp a 10 anni registravano un rendimento lordo rispettiva­mente del 5,22%, 5,86% e 6,06%; nelle aste di marzo, aprile e mag­gio 2012 i rendimenti si sono atte­stati rispettivamente al 5,50%, 5,84% e 6,03%.

Visti gli andamenti omogenei e costanti nei periodi presi in esa­me, probabilmente ci stiamo pre­parando a una nuova tempesta, che potrebbe verificarsi nella ter­za settimana di giugno, in conco­mitanza delle elezioni in Grecia.

Il giorno delle dimissioni del presi­dente Berlusconi, 11 novembre 2011, lo spread registrava 456 pun­ti base, molto simile alla media dell’ultima settimana (455). Per­ché a novembre tante urla e oggi tanto silenzio? Presidente Monti, proprio perché è l’ora delle scelte difficili, è giunto anche il momen­to di dire fino in fondo la verità.

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