Giocare con la spending review è rischioso

Da quando il commissario Cottarelli è stato trasferito al Fmi, le spese anziché essere ridotte sono aumentate, e le nuove entrate scovate dal governo Renzi non bastano a coprire le uscite del 2015

Giocare con la spending review è rischioso

Dov'è finita la spending review ? Il quesito è inquietante, perché da quando il commissario Carlo Cottarelli in ottobre è stato trasferito con un prestigioso incarico al Fondo monetario, le spese anziché essere ridotte sono aumentate, e le nuove entrate scovate dal governo Renzi, come la maggiorazione dell'Isi (fotocopia dell'Imu) non bastano a coprire le uscite del 2015. Pertanto, se non si taglia la pubblica spesa di 8 miliardi, si deve ricorrere alla clausola di salvaguardia: l'aumento dell'Iva dal 22 al 23,5%. In realtà il buco è di 12 miliardi, ma il governo pensa di poterne risparmiare 4 sugli interessi sul debito pubblico, a causa del miracolo compiuto da «San Draghi» con il q uantitative easing , l'acquisto di titoli pubblici da parte della Bce e delle Banche centrali nazionali che ne fanno parte, che ha fatto scendere il tasso di interesse su di essi.

Il nostro Tesoro ha approfittato dell'occasione e, in gennaio, contando sulla mossa di Mario Draghi, ha fatto nuovo debito, per 30 miliardi, quasi due punti di Pil. Si spera che usi il contante così raccolto come riserva di liquidità e non per nuove spese. Ecco perché urge il nuovo commissario per la spending review , frase sintetica che vuol dire «esame della spesa» per vedere dove c'è il grasso di tagliare e decidere di tagliare. Cottarelli aveva prodotto voluminosi dossier, che riguardano spese dannose o superflue o non necessarie. È stato mandato via alla fine della fase 1: quella dove c'è il «grasso» tagliabile. Si doveva passare alla fase 2, quella operativa della decisione su «dove, come e quando», che ha carattere politico, ma richiede anche un insieme di dati tecnici, senza cui l'operazione non si effettua. Purtroppo, da ottobre sono aumentate le spese fatte o messe in cantiere. Gli 80 euro in busta paga una tantum del 2014, sono diventati permanenti, con il Jobs act si sovvenzionano per due anni i nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato con cospicui sgravi contributivi. E in vista ci sono le nuove spese per sostenere coloro che saranno licenziati, mediante indennizzi di disoccupazione e corsi di formazione, in attesa che la cassa integrazione straordinaria venga abolita. Dunque, non un cambio del modo di spendere per chi rimane senza lavoro, ma un'aggiunta. Ora c'è il progetto di assumere 100mila precari della scuola con il posto fisso.

Poiché l'operazione partirebbe in ottobre, per il 2015 costerebbe poco. Ma nel 2016 e 2017 circa 1,5-2 miliardi annui. E la Commissione di Bruxelles vorrebbe vedere la copertura di questo costo, non solo per l'anno corrente, ma anche per quelli successivi. E lo stesso si deve fare, per legge, per il nostro bilancio, che è triennale. Una parte di questi precari è necessaria, per coprire posti di ruolo scoperti, in discipline importanti, ma una parte è in soprannumero, specie al Sud o in discipline per cui la richiesta è in aumento. Quindi, si rischia di fare uno spreco di spesa, se non si adottano regole di mobilità e di riconversione, sin che si può, anche per i docenti. Occorre, a questo punto, una spending review preventiva.

In generale, la spending review dovrebbe tenere conto degli effetti sulla crescita del Pil per evitare che i soldi che Draghi rende disponibili con il Qe, rimangano inoperosi o vadano in altri Paesi, che li sanno impiegare. Occorre un maggior ricorso al mercato privato e più concretezza.

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