Google, incubo spezzatino. Nel mirino Chrome e spot

Big G rischia di dover cedere i suoi tesori. Il nodo dati

Google, incubo spezzatino. Nel mirino Chrome e spot
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La condanna di Google per monopolio sleale rischia di scatenare una reazione a catena. Gli Stati Uniti stanno valutando se chiedere a Big G di privarsi di qualche suo gioiello, mentre in prospettiva anche altre big tech potrebbero finire nel mirino. Era dagli anni Novanta - in quel caso toccò a Microsoft - che una società tecnologica non finiva nel mirino dell'Antitrust Usa. Adesso il Dipartimento di Giustizia sta valutando il da farsi e tra le opzioni c'è quella di richiedere una divisione di Google in più entità. Stando alle indiscrezioni riportate da Bloomberg, il Dipartimento di Giustizia potrebbe spingersi a costringere Google a vendere il suo browser Chrome e anche AdWords (piattaforma di vendita pubblicitaria) dopo che il giudice Amit Mehta ha stabilito la scorsa settimana che il colosso di Mountain View ha ingiustamente bloccato i rivali pagando 26 miliardi di dollari per diventare il motore di ricerca predefinito su smartphone e browser web. Il governo degli Stati Uniti sta incontrando altre aziende ed esperti per discutere come muoversi per limitare il potere di Big G e già a settembre vorrebbe delineare la strada da seguite.

Altra opzione sul tavolo è il possibile obbligo a condividere i dati con i rivali o essere costretta ad abbandonare gli accordi che lo rendono il motore di ricerca predefinito sugli smartphone. Scenari che impensieriscono non poco gli investitori con il titolo della casa madre di Google, Alphabet, arrivato cedere il 4% nella giornata di ieri scivolando sotto il muro dei 2.000 miliardi di valorizzazione (-17% dai massimi storici toccati a luglio).

La storica decisione antitrust potrebbe essere il sentore di un cambio di passo per mettere in riga in futuro anche altri giganti tecnologici quali Apple, Amazon, Meta. Secondo Scott Devitt, analista di Wedbush, considerato uno dei maggiori esperti tech di Wall Street, dividere Google in più entità sarebbe un'esagerazione e la società non esiterebbe a fare ricorso. «Potrebbero volerci forse anni prima che si giunga a un risultato finale e non prevediamo alcuna interruzione delle operazioni di Google a breve termine a seguito di questa sentenza», è l'indicazione di Devitt.

Negli ultimi anni il settore tecnologico ha visto i forti diventare sempre più forti con l'affermarsi della rivoluzione dell'intelligenza artificiale.

«Mentre l'Ue ha inseguito le big tech per l'ultimo decennio con piccole vittorie di Bruxelles, la preoccupazione più grande per Wall Street è che il Dipartimento di Giustizia stia guadagnando un po' di terreno nella sua battaglia contro i baluardi tech».

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