Al Sinodo l'agenda liberal finisce sotto accusa

Il Papa non vuole stravolgimenti e qualche vescovo comincia a lamentarsi della Chiesa nordeuropea che vuole imporre temi minoritari come le donne prete

Al Sinodo l'agenda liberal finisce sotto accusa
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La settimana appena trascorsa ha visto l'apertura della XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi. In questo mese si chiude un processo iniziato addirittura nel 2021. A differenza dello scorso anno, però, la sensazione è che al termine di quest'assise non ci saranno stravolgimenti nella Chiesa già scossa da un anno di polemiche, specialmente quasi un anno dopo la pubblicazione della Dichiarazione “Fiducia supplicans” che ha tolto alla discussione dei padri sinodali un tema caldissimo come quello della benedizione delle coppie gay.

Il solco della Tradizione

Alla vigilia dell'apertura del Sinodo, Francesco è sembrato intenzionato sgombrare il campo da eventuali accelerazioni del fronte più progressista della Chiesa. Un'anticipazione c'era stata la scorsa settimana nel corso del viaggio apostolico in Belgio, quando il Papa aveva detto al clero locale che lo scopo del Sinodo non è arrivare a “qualche riforma alla moda”. Nel discorso pronunciato all'apertura, Francesco ha richiamato a rispettare sempre "il deposito della fede e la Tradizione viva" e sulla presenza dei non vescovi ha puntualizzato che "non fa venir meno la dimensione 'episcopale' dell'Assemblea" e "meno ancora pone qualche limite o deroga all’autorità propria del singolo vescovo e del Collegio Episcopale". Parole che lasciano intendere la volontà di contenere certe spinte di cui la Chiesa è stata testimone, ad esempio, nel cammino sinodale in Germania.

Il rimprovero del vescovo

Che l'agenda più liberal portata avanti soprattutto dalla Chiesa tedesca sia indigesta a molti è emerso anche in queste prime battute del Sinodo. Indicativo in questo senso è stato l'intervento del vescovo australiano di Broken Bay, attuale presidente della Federation of Catholic Bishops Conferences of Oceania, che in conferenza stampa ha detto ciò che molti rappresentanti delle Chiese cosiddette periferiche pensano: argomenti come l'ordinazione delle donne sono delle grosse bolle mediatiche perché interessano pochi all'interno della Chiesa. Per Randazzo la donna prete "è una fissazione di una piccola minoranza che ha una voce occidentale potente". Il presule ha inoltre invitato a guardare vere situazione di discriminazione, quando ad esempio "le donne vengono messe ai margini, in luoghi di violenza, quando hanno opportunità professionali limitate o sono considerate cittadini di serie B" dicendo che "questo è lo scandalo contro il Vangelo". Per Randazzo "noi dobbiamo parlarne, invece di essere fissati con questa questione", un'affermazione che manifesta l'insofferenza per lo spazio dedicato nelle ricostruzioni sul Sinodo ai temi più divisivi. Un argomento minoritario che viene portato avanti da una parte di una Chiesa ormai destinata, come ha osservato il presule australiano, ad essere essa stessa minoranza: quella europea.

L'Europa minoritaria

Fuori dall'Europa, infatti, esistono realtà ecclesiali in salute che non ritengono indispensabile fare di sacerdozio femminile, benedizioni arcobaleno, cambiamenti del Catechismo le priorità della propria azione evangelizzatrice. Lo hanno già fatto capire i vescovi africani e di buona parte dell'Asia, così come la Conferenza episcopale americana è notoriamente più a suo agio nel difendere i cosiddetti principi non negoziabili. Pesa in questo l'influenza ancora viva della lunga stagione di Giovanni Paolo II. Questo punto di vista è prevalente anche nelle Chiese dell'Europa orientale. Non solo l'Ungheria, ma anche la Chiesa polacca - con un patrimonio di martiri recenti come ad esempio il beato Jerzy Popiełuszko, di cui ricorre il 40esimo anniversario del martirio per mano del regime comunista ricordato in una recente biografia edita da Ares e scritta a sei mani da Grzegorz Górny, Włodzimierz e RędziochJanusz Rosikoń - e le altre Chiese memori dell'esperienza della cortina di ferro non sono allineate all'agenda portata avanti da molti confratelli nordeuropei. Chi crede che il sacerdozio femminile sia una battaglia d'avanguardia è già stato avvisato nella prima settimana di Sinodo, con la dichiarazione insofferente di un vescovo australiano: le priorità sono altre.

Non stupirebbe se il Papa, che proprio in un Paese nordeuropeo con un episcopato molto progressista come quello belga aveva detto di non volere un'assemblea intenta a inseguire riforme alla moda, la pensasse allo stesso modo.

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