Piccolo colpo di scena nelle nostre tlc e colpo di scena clamoroso nel nostro salotto buono della finanza. Partiamo dal bit o, sarebbe meglio dire, dal byte. Ieri Telecom Italia e Fastweb hanno trovato un accordo che rompe il mercato. La questione è piuttosto tecnica, ma, per farla semplice, possiamo dire che i due operatori hanno deciso di costruire un pezzo della nuova rete veloce insieme. Per farlo investiranno poco meno di un miliardo di euro. Non porteranno la fibra in casa, ma appena sotto la stessa. Con una tecnologia che permetterà ai clienti di andare quattro volte più veloci di quanto oggi possono già fare con l’Adsl più spedita made in Telecom. E ad un livello molto simile alla supervelocità che oggi Fastweb garantisce ai propri clienti serviti, fino in casa, dalla fibra ottica.
La prima conseguenza riguarda gli altri operatori del mercato della telefonia fissa: Vodafone e Wind. Che si trovano spiazzati dall’accordo e che, dunque, avranno un po’ di difficoltà a rincorrere Telecom e Fastweb sul mercato della banda ultralarga. O meglio, potranno ovviamente accedervi, ma alle condizioni dei due, e dunque con margini risicati e offerte commerciali costrette.
Probabilmente il vero sconfitto è il piano alternativo di cablatura delle città pensato da F2i di Vito Gamberale. Esso resta molto ambizioso e si basa sulla predisposizione dei collegamenti in fibra fino a casa, per cui è molto più costoso. Il perno dello sviluppo risiede in Metroweb (società partecipata oltre che da F2i e dalla Cdp, anche dalla stessa Fastweb) che ha il know how per bucare le città e infilare la fibra e le risorse della Cassa depositi e prestiti. Il problema ora è che Telecom e Fastweb partono per primi, con una tecnologia meno sofisticata, ma più economica, e che dunque riduce la possibilità di ritorno economico per i piani di Metroweb. Sembra di capire che il progetto di cablatura delle trenta città da ieri sia morto.
Al contrario prende sempre più corpo, a sentire anche una battuta fatta dall’ad di Telecom Patuano, la trattativa per lo scorporo della retein rame Telecom.Le basi per un accordo con Cdp sono cambiate e l’ex monopolista ritiene ora di avere il coltello, cioè la rete, dalla parte del manico. Vedremo cosa accadrà nelle prossime settimane.
A proposito di colpi di scena. Il comunicato di Diego Della Valle di ieri sera si può ritenere certamente tale. Definire Elkann e Marchionne due «furbetti cosmopoliti» e, ancora, «inadeguati» per i loro altalenanti annunci sul piano di investimenti di Fiat in Italia, è decisamente clamoroso. Soprattutto a commento di scelte aziendali di terzi, come è la Fiat, e per di più rompendo quel polveroso bon ton confindustriale che prevede la più totale omertà tra simili. Il boss della Tod’s, da Fazio a Geronzi, ci ha abituato ad uscite del genere. I motivi di attrito con casa Fiat non mancano. Difficile credere che la ruggine nasca dalla contesa calcistica di Berbatov. E sembra fantascienza legare il comunicato alla possibile fuoriuscita di Luca di Montezemolo (amico di Della Valle) dalla Ferrari (controllata al 90 per cento proprio da Marchionne ed Elkann). Più facile pensare che Della Valle non abbia mandato giù l’asse Mediobanca- Fiat recentemente ricreatosi e che ha provocato la sua brusca uscita sia dal Corriere della Sera sia dai consigli di Piazzetta Cuccia ( dove al posto di Della Valle era stata preferita Jonella Ligresti). Il fondatore della Tod’s resta uno degli imprenditori italiani di maggior successo e più liquidi. E ha condotto una personalissima battaglia per rompere quel vecchio privilegio di casta finanziaria per cui le azioni nelle società nobili si pesavano e non si contavano. Benissimo. Ma in Fiat, a differenza di Rcs e Mediobanca, gli Agnelli e i loro eredi qualche azione in più degli altri ancora ce l’hanno. Anche qui ne vedremo delle belle. Attenzione ad Unicredit, il piano alto da cui la catena Mediobanca-GeneraliRcs parte.
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