I soci Ubi ridicono no all'Opa Intesa

Il patto Car ribadisce il suo giudizio, ma Bofa promuove l'offerta di Ca de' Sass

I soci Ubi ridicono no all'Opa Intesa

Le banche rimbalzano in Piazza Affari mentre il governo discuteva la garanzia pubblica sui finanziamenti alle imprese per risollevare l'economia italiana dal coronavirus. Le banche, dopo essere state penalizzate per il congelamento dei dividendi imposto dieci giorni fa dalla Bce, sono riuscite a tirare il fiato nonostante Fitch abbia confermato le prospettive negative su cinque istituti (Bnl, Credem, Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Unicredit) e messo sotto osservazione altri sette gruppi (Banco Desio, Popolare Sondrio, Banca Popolare dell'Alto Adige, Banca Ifis, Bper, Mps, e Carige) per un possibile declassamento a causa della recessione.

Ieri a dominare la scena in Borsa è stata Intesa Sanpaolo che ha messo a segno un rialzo del 9,7% fino a tornare a 1,458 euro sostenuta, tra l'altro, dall'assist di Bank of America (Bofa) in merito all'offerta pubblica di scambio (Ops) lanciata da Ca' de Sass su Ubi a metà febbraio e subito rispedita al mittente dagli azionisti di riferimento dell'ex popolare guidata da Victor Massiah in quanto ritenuta inadeguata. Per Bofa «la mancanza di scala (in Ubi ndr) può non essere un grosso problema in un ciclo positivo ma è più marcato se l'economia è sotto stress».

Ieri, in vista dell'assemblea degli azionisti di Ubi fissata l'8 aprile, il Car, uno dei tre patti di sindacato della banca cui fa capo il 19% del capitale, ha ribadito il suo «no» alla proposta di acquisizione di Intesa in quanto «priva, ancor di più oggi, di razionali economici» e perché «comporta la compressione di legittimi diritti» degli azionisti. Una visione opposta a quella ribadita, solo pochi giorni fa, da Carlo Messina, ad di Intesa Sanpaolo secondo cui: «elevata patrimonializzazione, robusta copertura dei crediti deteriorati, dimensione, diversificazione e capacità di investimento» sono tutti elementi che «hanno ora più valore che in tempi normali».

L'offerta in titoli (10 azioni Ubi per ogni 17 azioni Intesa Sanpaolo), all'epoca del lancio valutava il gruppo bergamasco 4,9 miliardi pari a 0,6 volte il patrimonio netto, una valore praticamente dimezzata dopo un mese di tsunami sulle piazze finanziarie. In Borsa hanno macinato guadagni anche Unicredit (+8,67% a 7,1 euro), Popolare Sondrio (+5,4% a 1,47 euro), Mps (+2,5% a 1,17 euro), Banco Bpm (+2,4% a 1,21 euro) e Ubi (+2,7% a 2,43 euro).

Sempre sul fronte italiano sarebbe arrivato in porto il piano di rilancio di Popolare Bari che dovrebbe preveder il ritorno all'utile nel 2022. I sindacati sono in attesa della convocazione per l'avvio della trattativa da parte dei commissari per poter completare la procedura entro 60 giorni e convocare l'assemblea per giugno.

Intanto anche negli Usa i colossi del credito internazionale stanno considerando la stretta sui dividendi. A sostenerlo è stato Jamie Dimon, ad di Jp Morgan che, nella lettera agli azionisti, ha dichiarato che la banca potrebbe prendere in considerazione la sospensione dei dividendi in caso di una grave recessione dell'economia Usa che porti a una contrazione del Pil del 35% nel secondo trimestre con un tasso di disoccupazione pari al 14%.

Dimon, che peraltro aveva già fermato il piano di riacquisto di azioni proprie, ha spiegato che «nel migliore dei casi ci aspettiamo una profonda recessione con stress finanziari simili a quelli attraversati dai mercati nel 2008».

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