A volte capita che i cittadini che percepiscono una pensione di invalidità o l'assegno sociale, si ritrovino con la somma di denaro "ritirata" (quindi recuperata) dall'Inps se l'Ente ritiene che non ne abbiano più il diritto: è il caso del cosiddetto indebito pensionistico.
Gli errori dell'Inps
Si parla di indebito quando l’Ente ritiene che il cittadino abbia indebitamente percepito prestazioni assistenziali: a quel punto, la somma di denaro viene sospesa e recuperata in automatico. Il problema nasce, però, quando queste somme vengono recuperate nonostante il cittadino sia in regola con tutti requisiti che gli danno diritto ad ottenere la prestazione. È così che si sono aperti contenziosi in cui la Suprema Corte si è pronunciata sul principio del legittimo affidamento dei pensionati sul trattamento pensionistico indebitamente percepito in buona fede, in cui le prestazioni, anche se indebite, sono destinate a soddisfare i bisogni alimentari del pensionato e della famiglia. In molti casi, la non autosufficienza e la grave invalidità erano decisamente palesi ma, nonostante questo, il cittadino si è ritrovato con provvedimenti Inps contenenti le richieste di restituzione degli importi, anche di valore, corrispondenti a quanto percepito a titolo di prestazione assistenziale.
Cosa dice la legge
"In questi casi, il legislatore ha cercato di bilanciare tra due interessi in gioco: da un lato, ha attribuito all’Inps l’onere di procedere annualmente alla verifica dei requisiti per ottenere la prestazione e riducendo la finestra temporale nella quale sarebbe consentita la ripetibilità; dall’altro, facendo salva la ripetibilità nel caso di dolo dell’interessato", afferma l'avvocato Celeste Collovati, di Dirittissimo (tuttopensioni@gmail.com). Affinchè possa essere ritenuta una richiesta legittima, l’Inps deve provare senza alcun dubbio il dolo del soggetto che beneficia della prestazione. La Cassazione ha stabilito che “nella specifica fattispecie dell’indebito per mancanza del requisito reddituale, va rilevato che ai fini della ripetizione (Cass. 31372/2019 e Cass. 28771/18 cit.) richiedono che sia necessario il 'dolo comprovato dell’accipiens' atto a far venir meno l’affidamento dell’accipiens/beneficiario” (Cass. 25 giugno 2020, n. 12608)".
Restituzione anche dopo anni
Un altro problema è che l'Inps, se scopre che non ci sono le condizioni per beneficiare della prestazione assistenziale, può revocarla con estremo ritardo (anche dopo 5 anni) chiedendo la restituzione di importi e somme molto elevate. In questo caso, però, il ritardo eccessivo con cui l’Ente applica il provvedimento (che spesso nemmeno manda) può essere fatto valere, secondo la maggior parte della giurisprudenza, per richiedere l’annullamento del debito. "Data la vastità dei casi, il consiglio è sempre lo stesso, prima di soddisfare la richiesta di restituzione importi effettuata dall’Inps, è importante verificare la legittimità della stessa; se non c'è il dolo del pensionato, la richiesta di restituzione non dovrà essere soddisfatta e si potrà procedere ad una richiesta di annullamento del debito notificato", afferma l'avvocato Alessandro Milani, sempre di Dirittissimo. Un esempio lampante è il caso di una signora in sedia a rotelle che si è vista richiedere la restituzione di 30mila euro senza aver mai inviato il provvedimento di revoca come richiede la formaltià e senza avere la possibilità di tutelarsi legalmente.
Indebito pensionistico civilistico
Un'altra situazione spiacevole in cui si ritrovano molti pensionati riguarda gli errori relativi alla liquidazione della pensione con l'Inps che richiede la restituzione della somma di denaro per svariati motivi che non sono mai specificati sulla pensione. Un lettore ci ha scritto di aver ricevuto la comunicazione di un debito pari a 20mila euro e, pochi giorni dopo, un'altra comunicazione con un importo inferiore al precedente ma senza specificare né il perché dell’errore e nemmeno fosse il debito di cui tenere conto al fine del pagamento. "Per evitare di pagare un provvedimento che non è corretto o che viene rettificato dopo qualche giorno dall’Inps, bisogna analizzare prima l’indebito, ovvero l’errore che ha portato all’erogazione della maggior somma, perché non sempre è legittimo e non sempre sussiste il dolo del pensionato", affermano gli avvocati.
Solitamente, nel caso degli indebiti civilistici, vale l’applicazione del principio di irripetibilità delle pensioni: si fa riferimento al principio del legittimo affidamento e della buona fede del pensionato anche se bisogna valutare caso per caso. Anche questa è una situazione che capita molto di frequente nel rapporto tra Inps e pensionati in cui, spesso e volentieri, il cittadino non sa nemmeno il perché gli abbiamo corrisposto una cifra maggiore di quella che gli spettava trovandosi così ad essere debitore senza averne colpa.
Cosa dice la legge
La procedura di recupero dell’indebito pensionistico è regolata dell’articolo 52 Legge 88/1989, ed interpretata dall’articolo 13 Legge 412/1991, il quale "prevede che le somme non dovute, erogate dall’Inps, non debbano essere restituite, a meno che l’errore non sia attribuibile all’interessato". In tal senso si è espressa anche la Cassazione affermando che l’Inps può rettificare in ogni momento le pensioni per via di errori di qualsiasi natura, ma non può recuperare le somme già corrisposte, a meno che l'indebita prestazione sia dipesa dal dolo dell'interessato.
"Pertanto, prestate attenzione alle comunicazioni ricevute dall’Inps di richiesta di restituzione di importi già versati, in quanto non sempre siete obbligati a restituire i soldi già versati, specialmente se avete adempiuto correttamente all’obbligo di comunicare eventuali variazioni dei vostri redditi", concludono gli avvocati. A quel punto, è possibile attivare una procedura legale e chiedere l’annullamento d’ufficio di tale provvedimento.
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