Dopo la pace fiscale, la pace con l'Inps. Già, perché il governo ha messo a punto una sanatoria contributiva, inserendola nel maxi emendamento alla manovra di bilancio, prossima a sbarcare in Senato.
Si tratta, in sostanza, della possibilità, per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995, di riscattare fino a cinque anni di contributi pensionistici non versati, a patto però che non si abbia lavorato in nero, visto che la norma – come spiega IlMessaggero – esclude categoricamente i periodi in cui non si aveva un contratto regolare di impiego.
Per coprire il buco contributivo, si potrà usufruire di un sistema di rateizzazione: un massimo di 60 mesi a patto però che la quota mensile non sia inferiore ai 30 euro. Inoltre, ci potrebbe essere anche un importante beneficio fiscale, visto che l'importo del riscatto potrebbe essere detraibile dal 50 al 65%. Ma non è tutto, perché nella bozza del provvedimento è prevista anche la possibilità che sia il datore di lavoro, a monte, a coprire le lacune contributive del proprio dipendente. Come? Per esempio, versando all'Inps i premi di produzione destinati al proprio lavoratore.
E a proposito di riscatto, c'è un nuovo spiraglio anche per il riscatto della laurea, visto che il versamento dei contributi necessari per "recuperare" a fini pensionistici gli anni dell'Università entrerà nel dl sulla riforma delle pensioni.
In questo senso, la volontà dell'esecutivo giallo-verde pare essere quella di rendere il riscatto della laurea economicamente meno esoso, modificando il meccanismo di calcolo della somma da versare; ciò renderebbe la cifra da corrispondere più bassa, abbassando però di conseguenza anche il valore dei contributi sulla pensione futura. Ad ogni modo, in questa maniera si possono sommare gli anni degli studi universitari a quelli lavorativi, maturando così i requisiti per il ritiro dal mondo del lavoro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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