Intesa-Ubi, l'Antitrust mette i paletti

L'Authority chiede modifiche per autorizzare l'Ops. Le audizioni il 18 giugno

Intesa-Ubi, l'Antitrust mette i paletti

L'Antitrust tira il freno all'Ops di Intesa Sanpaolo su Ubi Banca; nozze che hanno invece già ricevuto il via libera della Bce e di Bankitalia anche per il consolidamento del settore. Il Garante, al termine della prima parte dell'istruttoria, ha rilevato come l'offerta pubblica di scambio su Ubi non sia allo stato «suscettibile di autorizzazione». Si tratta comunque di una valutazione preliminare «in ordine alle possibili criticità concorrenziali dell'operazione di concertazione» ha ribadito l'Authority presieduta da Roberto Rustichelli, precisando però come «nessuna decisione è stata ancora assunta sulla compatibilità dell'operazione con le regole della concorrenza».

Fonti vicine a Ca' de Sass notano come, a questo punto, si apra un dialogo e un percorso condiviso con l'Authority per individuare «meccanismi condivisi» che consentano di superare le problematiche emerse. Le parti possono presentare memorie fino al 15 giugno e il 18 è in calendario un'audizione, al termine della quale, il procedimento entrerà nella fase finale per arrivare a una decisione entro luglio.

In Piazza Affari intanto il gruppo guidato da Carlo Messina ha perso il 4,6% a 1,72 euro, mentre Ubi il 5% a 2,87 euro.

Stando alla comunicazione delle risultanze istruttorie la concentrazione derivante dall'integrazione dei due gruppi sarebbe elevata: tra l'altro sarebbero state individuate 639 aree critiche nel mercato della raccolta bancaria, 782 negli impieghi alle famiglie e 218 negli impieghi alle pmi. La prevista cessione di 400-500 filiali di Ubi non sarebbe quindi in grado di superare una simile concentrazione per l'indeterminatezza del perimetro, l'incertezza sulla effettiva attuazione della cessione in assemblea (qualora l'Ops raccolga il 50% più una azione) e l'inefficacia della previsione in alcune aree del territorio.

Al di là delle tematiche relative alla concorrenza, la vicenda si fa di giorno in giorno più complessa e si intreccia ad altre partite in corso a Piazza Affari. Anche per questo sale l'attenzione del mercato sulle risultanze dell'Antitrust, da cui emergono le preoccupazioni di Unicredit alla creazione di un nuovo polo «suscettibile di impattare negativamente la concorrenza sotto diversi aspetti», la sostanziale indifferenza di Poste Italiane e, ancora una volta, le diverse visioni sul ruolo di Ubi Banca nell'industria del credito.

Se da un lato il gruppo guidato da Victor Massiah ha rivendicato di «aver valutato, a livello progettuale, la possibilità di procedere a forme di aggregazione con altri istituti bancari di medie dimensioni (Mps, Bper e Bpm) e in particolare con Bper», dall'altro Ca de' Sass ha rimarcato come il piano industriale che il gruppo di Massiah ha presentato lo stesso giorno del lancio dell'Ops sia «stato concepito in ottica stand alone» e che quindi, all'epoca, Ubi Banca non aveva individuato uno specifico partner.

Tra gli interessati di cui manca ancora una posizione ufficiale sull'Ops c'è Parvus Am, società di gestione di Edoardo Mercadante con sede a Londra entrata tre anni fa in Ubi e che tra novembre e marzo è salita dal 5 all'8,6% del capitale e il sindacato degli azionisti di Ubi (al 7,9% del capitale) da cui recentemente si è svincolato Lucchini (allo 0,6% del capitale) interessato all'offerta.

Assenze che si notano ancora di più considerando l'aperta opposizione all'Ops del Car, il patto storico di Ubi, che in caso di successo dell'operazione promossa da Intesa scenderebbe da poco meno del 20% al 2% circa del capitale.

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