"Non parlo di nuove manovre, prima bisogna vedere i conti". Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani cerca di tagliar corto e, al tempo stesso, di mettere le mani avanti. La polvere sotto al tappeto, cioè le possibili sbavature nella tenuta dei conti pubblici, potrebbe diventare un "polverone" tanto da costringere il prossimo governo a mettere subito mano ad una correzione primaverile. L’ennesima. Il fatto è che, già prima che la Banca d'Italia sancisse il fallimento della cura Monti e annunciasse scenari drammatici fino al 2014, in troppi avevano nella testa l'ipotesi di una nuova manovra economica che mettesse a posto i conti lasciati dai tecnici.
Il primo a parlare di "polvere sotto il tappeto" è stato proprio Bersani. E di manovra se ne parla soprattutto in via del Nazareno. Certo, ne parlano per assicurare che non la faranno, ma ne parlano. E nel parlarne ci aggiungono un sacco di "se" e di "ma". Insomma, si fa un gran mettere le mani avanti per poter fare, in caso di vittoria, quello che già sembrano avere in mente. Ovvero: fare una nuova manovra. Che poi sia una "manovrina" o una stangata, lo decideranno quando saranno svelati i conti lasciati da Monti che solo una settimana fa rassicurava gli italiani affermando che il Belpaese è definitivamente uscito dalla crisi economica. Uno spot elettorale, quello del Professore, ampiamente smentito dai dati degli economisti di via Nazionale. Se l’economia peggiora ci sarà bisogno di rifinanziare gli ammortizzatori sociali che sono "coperti" solo per i primi mesi dell’anno nel tentativo di fronteggiare l’emorragia occupazionale. Ma anche altri segnali sembrano preannunciare una situazione tutt'altro che rosea: gli ultimi dati su fatturato e ordinativi, relativi allo scorso novembre, mostrano solo segni meno. Almeno per il momento, Monti si ostina a mantenere una stima di crescita di -0,2% per quest’anno, ma Bankitalia è stata sin troppo chiara nel preventivare un -1%.
Tra un intervento e una correzione ci si avvicinerebbe ad una manovra fino a circa 7 miliardi. Non solo. A luglio scatterà l’aumento dell’Iva dal 21 al 22%. Nel caso in cui il prossimo esecutivo intendesse evitare l'ennesimo balzello introdotto da Monti, l'operazione ci costerebbe la bellezza di 4 miliardi, euro più euro meno. Molto dipenderà, comunque, dalla tenuta dello spread che con i cali recenti potrebbe consentire risparmi intorno ai 10 miliardi in due anni. Ma bisogna vedere se l’attuale livello (poco sopra 250) reggerà anche dopo le elezioni. "Dobbiamo ancora capire come è andato il fabbisogno dello Stato nel 2012 - ha spiegato ieri il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo - l’impressione è che le previsioni non siano corrette". Eppure da via Nazionale non sembrano avere alcun dubbio: "L’incidenza del debito sul pil salirebbe ancora nel 2013 e inizierebbe a ridursi nel 2014, beneficiando del miglioramento del saldo primario e della ripresa dell’attività economica". Quindi per la ripresa bisognerà aspettare (con pazienza) al 2014.
Ma bisognerà farlo con le dita incrociate: se dalle urne uscisse un'armata brancaleone al governo, che mette insieme la sinistra radicale, il Pd e i montiani a fare da "stampella", il Paese rischierebbe davvero il collasso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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