L'eterna lotta tra i Paesi frugali e quelli ad alto debito è destinata a riaccendersi per la riforma del Patto di Stabilità, le regole di bilancio europee. Ieri, all'Ecofin di Bruxelles, gli schieramenti hanno chiarito la loro linea, ma il negoziato non sarà facile. Di certo c'è solo che le regole del Patto ritorneranno in vigore a fine anno senza proroghe: «non c'è spazio per rimandare la conclusione della clausola generale di salvaguardia», ha detto ieri all'Ecofin il commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni. La Commissione farà la sua proposta di riforma sul Patto di Stabilità e crescita dopo il Consiglio europeo del 23-24 marzo. Per il resto, si sa che l'idea è di istituire per ogni Paese un percorso personalizzato di rientro dal debito, da concordare con l'Europa, che rispetti potenzialità e situazioni specifiche dello Stato membro. Un principio che sancirebbe una svolta in termini di flessibilità, rispetto a un'epoca di parametri rigidi in cui si prevedeva, per chi aveva un debito superiore al 60% del Pil, l'obbligo di ridurlo di un ventesimo ogni anno. Oltre alla regola, ormai celebre, di mantenere il deficit al di sotto della soglia del 3% del Pil.
Gentiloni ha invitato tutti «a fare progressi» anche per dare tempo «al Parlamento europeo per discutere le proposte legislative che la Commissione presenterà sulla base della discussione e del consenso che raggiungeremo». Anche perché, se si dilungassero i tempi o, peggio ancora, non si trovasse un accordo, tornerebbero in vigore vecchie regole che mal si adattano al nuovo contesto competitivo, con gli Stati Uniti che hanno già messo in campo l'Inflaction reduction Act da 370 miliardi. Un piano che rischia di far uscire dal mercato le imprese europee. «Abbiamo gettato basi solide», ha assicurato il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis. «Ci sono altri elementi su cui discutere ancora. Ad esempio trovare il giusto equilibrio tra titolarità e specificità per Paese, da una parte, e parità di trattamento tra gli Stati membri e prevedibilità e trasparenza dall'altra».
La linea dei Paesi frugali, ieri, l'ha dettata la Germania: «Dobbiamo tornare a finanze pubbliche stabili e sostenibili», ha dichiarato il ministro dell'Economia Christian Lindner. «Siamo aperti a modifiche del Patto di stabilità e crescita» ma è «indispensabile» che «preveda percorsi comprensibili, credibili e prevedibili per la riduzione dei livelli di deficit e di debito». Berlino, insomma, vuole meno margini discrezionali possibili sulla discesa del debito. Sull'altro fronte, la guida è del ministro dell'Economia italiano: «Condividiamo il fatto che debba essere considerata la situazione specifica di ogni Paese», sostiene Giancarlo Giorgetti. «Dobbiamo porre attenzione agli investimenti strategici come naturale presupposto per la crescita, come gli investimenti per la transizione ambientale e digitale». L'Italia vorrebbe che le nuove regole di bilancio, anche su settori strategici come sicurezza e difesa, agevolassero gli investimenti dei Paesi.
Il governo italiano vuole inoltre che la riforma del Patto di Stabilità vada di pari passo con quella sul Piano industriale del Green Deal. Germania e Francia, infatti, vogliono avere mano libera sugli aiuti di Stato per l'industria.
Roma, in cambio, vuole avere spazio per riorganizzare le spese sul Pnrr e l'utilizzo flessibile dei fondi europei. La partita è sempre la stessa: far sì che tutti i Paesi europei abbiano uguale capacità di sostenere le proprie economie.
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