Monte Paschi vola in Piazza Affari a 0,94 euro, con un rialzo del 16,7% dopo alcune sospensioni, mentre riprendono quota le trattative tra Roma e Bruxelles per la proroga dei tempi di privatizzazione della banca senese (800 milioni la capitalizzazione). Sul tavolo ci sarebbe la concessione da parte della Commissione Europea di 18 mesi di tempi supplementari per gestire l'uscita del Tesoro (azionista al 64% di Rocca Salimbeni) dalla banca più antica del mondo. Meno di quanto inizialmente chiesto dal Mef (si parlava di 24 mesi), ma abbastanza per completare l'ennesima ristrutturazione dell'istituto attraverso la cessione dei crediti deteriorati, la separazione delle cause legali e una decisiva iniezione di capitale stimato in circa 3 miliardi. A ricostruire la situazione ieri è stato il Messaggero, ipotizzando un cambio al vertice tra l'ad Guido Bastianini e l'ex numero uno di Ubi Banca, Victor Massiah. Intanto l'agenzia Fitch ha rimosso il titolo Mps dal «rating watch negativo» perché i rischi per la capitalizzazione si sono allentati dopo il ritorno alla redditività e la riduzione dei rischi legali, con la conseguenza di mitigare anche l'atteso shortfall di capitale.
Nel frattempo, sale l'attesa per il piano industriale di Unicredit (+4% a 11,12 euro il titolo). L'appuntamento con gli investitori è fissato per il 9 dicembre e si scommette sulla storia di riposizionamento del gruppo. Il piano, secondo indiscrezioni, dovrebbe ruotare su nuove efficienze (tra cui tremila nuovi tagli, su base volontaria, per accelerare il processo di semplificazione delle direzioni centrali); il recupero dei margini con la focalizzazione sui business più redditizi del credito e l'ottimizzazione del capitale in eccesso. Accantonato momentaneamente l'M&A, dopo il tramonto dell'operazione su Mps, l'istituto guidato da Andrea Orcel dovrebbe rafforzare, nei prossimi anni, la presa sull'Italia, accorciando le distanze con Intesa Sanpaolo. Proprio in questa direzione potrebbero esserci delle novità nella ridefinizione del redditizio bancassurance. In seguito alla cessione delle attività italiane nel Vita di Aviva a Cnp, Unicredit ha il diritto fino a fine anno di esercitare l'opzione di acquisto sul 51% non in suo possesso nella joint venture in Aviva spa (ora Cnp Vita Assicura) o di vendere il suo 49 per cento. Il gruppo francese e Unicredit starebbero trattando per posticipare la scadenza e arrivare a un accordo.
«Unicredit è ancora in Purgatorio e tratta a valutazioni che implicano la mancanza di un qualsiasi spunto positivo nel breve periodo (5 volte gli utili e 0,4 volte il valore di libro», notano gli analisti di Mediobanca secondo cui la banca ha le risorse per garantire una remunerazione media del 12% nell'orizzonte del piano.
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