Moda ai livelli pre-Covid. Ma non quella italiana

La moda cancella il Covid ma non ancora in Italia, dove l'appuntamento è rinviato di un anno, nonostante il balzo delle vendite nel 2021 (+22%)

Moda ai livelli pre-Covid. Ma non quella italiana

La moda cancella il Covid ma non ancora in Italia, dove l'appuntamento è rinviato di un anno, nonostante il balzo delle vendite nel 2021 (+22%). La stima è dell'Area Studi di Mediobanca che, in un report dedicato al settore, parla di una ripresa V. Dopo il crollo del 2020 (anno in cui il fashion internazionale ha visto cadere il fatturato del 13,8% a 379 miliardi) e il rimbalzo del 32% dei primi nove mesi dell'anno, la moda mondiale, secondo Mediobanca, dovrebbe aver terminato il 2021 con i ricavi in aumento del 28%, il 10% in più rispetto ai livelli pre-Covid.

L'Italia ha il maggior numero di brand nella classifica dei big europei del settore: sette su trenta. Tuttavia, a livello di fatturato aggregato a dominare è la Francia (38% dei ricavi del settore del Vecchio Continente rispetto al 5% del made in Italy in lista), seguita da Germania (14%), Spagna e Regno Unito (10%). Per di più, sommando le vendite 2020 delle prime venti società tricolori si arriva alla metà dei ricavi della sola Lvmh che, con un giro d'affari di 44,7 miliardi, si conferma leader a livello mondiale, seguita da Nike (36,3 miliardi) e Inditex (a 20,4 miliardi).

Prada, numero uno per l'Italia con 2,4 miliardi di ricavi, si è al 38° posto della classifica mondiale. A livello di redditività Hermès è prima con un margine operativo al 32,2% delle vendite, ma subito dopo la divisione fashion di Lvmh (30,5%), c'è l'italiana Moncler (25,6%).

Le 134 grandi aziende italiane della moda hanno chiuso il 2020 con 49,8 miliardi di fatturato aggregato (-22,8%), a causa soprattutto della frenata del tessile (-34,6%), e 15.400 addetti in meno su una forza lavoro totale di 265mila unità.

Il 66,6% delle vendite è stato generato all'estero. Così come la proprietà di una larga parte di queste imprese (59 aziende che rappresentano il 38,5% del fatturato aggregato) è in mano a stranieri e, in particolare alle francesi Kering e Lvmh.

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