Quel Monte sorretto dal Tesoro che pesa sul contribuente

D'accordo che in questi giorni i riflettori sono accesi sullo scontro sul cda di Mediobanca, tuttavia converrebbe tenerli altrettanto in funzione per illuminare un'altra realtà del nostro mondo finanziario, la più antica, la più discussa: il Monte Paschi di Siena

Quel Monte sorretto dal Tesoro che pesa sul contribuente
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D'accordo che in questi giorni i riflettori sono accesi sullo scontro sul cda di Mediobanca, tuttavia converrebbe tenerli altrettanto in funzione per illuminare un'altra realtà del nostro mondo finanziario, la più antica, la più discussa: il Monte Paschi di Siena. Un'illuminazione opportuna per non dimenticare quanto quell'istituto pesi da anni sulle casse pubbliche e quindi sulle tasche degli italiani.

Mps naviga in acque agitate da tempo immemore. Vive da quel dì il tempo dello sfarinamento. Eppure non viene giù del tutto. Perché lo Stato, che ha il cuore d'oro quando deve venire in soccorso dei big o presunti tali, inietta periodicamente denari a garantirne la sopravvivenza. Alla voce sussidi e aumenti di capitale visto che il Tesoro ne è azionista di maggioranza assoluta si parla di un esborso complessivo negli anni intorno ai trenta miliardi. Per prendere tempo in attesa che qualcosa di virtuoso accada. Invece, nulla di significativo, di risolutivo avviene. Ultimamente le cose sembrano andare meglio, ma Mps resta un problema molto serio. Il Tesoro vorrebbe liberarsi del pesante fardello, non tanto e non solo per compiacere l'Europa, piuttosto per liberarsi finalmente della viziosa iniezione. Ma al momento non se ne parla, viste le perdite secche che sarebbe costretto a subire. E poi ci sono ancora troppi interessi che gravitano da quelli parti. Siena è più di un territorio, è un reticolo di relazioni, di contaminazioni, di influenze. Il punto è che Mps non ha mai reciso il cordone ombelicale con la politica e il rosso non è soltanto il segno di una difficoltà mercantile. Il punto vero è che è troppo piccola per essere grande e troppo grande per essere piccola.

E il mercato ama poco le ambiguità. Non tollera le banche troppo avvinghiate al potere, troppo dipendenti. Quelle che ritengono il territorio di appartenenza non il luogo per esercitare come converrebbe, ma il luogo dove far prevalere logiche di dominio.

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