Moody's torna a inserirsi nel dibattito politico italiano e lancia un avvertimento al centrodestra: nessuna deviazione deve essere fatta dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) targato Draghi, pena il declassamento (downgrade) del debito pubblico.
"Declasseremmo probabilmente i rating dell'Italia se dovessimo anticipare un significativo indebolimento delle prospettive di crescita di medio termine del Paese, probabilmente a causa della mancata attuazione delle riforme per rafforzare la crescita, comprese quelle delineate nel Pnrr del paese", commentano nel più recente dei report gli analisti di Moody's, sottolineando che una serie di politiche fiscali capaci di non soddisfare i mercati potrebbe causare un'ondata di sfiducia sul titolo sovrano di Roma.
Il riferimento è alla prospettiva che il governo di centrodestra in via di formazione non continui sul sentiero tracciato dal governo Draghi e proponga di rinegoziare il Pnrr partendo proprio dalle richieste riforme, oppure produca un "deciso allentamento fiscale" con le sue manovre.
Moody's ha fatto slittare il 30 settembre scorso il periodico aggiornamento sul rating sovrano sull'Italia. L'agenzia americana aveva in estate peggiorato a "negative" da "stabili" le prospettive sul rating Baa3 assegnato all'Italia poche settimane dopo la caduta del governo Draghi. Parimenti è stato abbassato il trend delle aspettative per banche e utilities, tutto questo nonostante sia gli istituti finanziari che le major dell'energia italiane abbiano registrato, nonostante la crisi, profitti notevoli.
Gli analisti europei di Moody's guidati dal britannico Gaurav Ganguly vedono il rischio che "l'ambiente politico ostacoli l'attuazione delle riforme strutturali; che le limitate forniture di energia indeboliscano le prospettive economiche; e che la forza fiscale si indebolisca". La coalizione di destra "dovrebbe tentare di rinegoziare alcuni aspetti del Pnrr , ciò probabilmente ritarderà la sua attuazione, esercitando una pressione al ribasso sulla spesa per investimenti quando l'inflazione elevata e i rischi per l'approvvigionamento energetico stanno già pesando sull'attività economica". Insomma, uno scenario dipinto alle tinte peggiori e che sembra identificare l'Italia come il malato d'Europa. Non è la prima volta che Moody's si dedica a un rapporto molto problematico sull'Italia.
Lo scenario costruito da Moody's a partire dall'estate imputava alla crisi di governo e alla fine dell'era Draghi l'insorgenza di problemi che mettono a rischio il Paese e il debito. Ora una relativa stabilità politica è stata ritrovata, in attesa che Giorgia Meloni verifichi le prospettive per trasformare la maggioranza alle urne in maggiorannza di governo, ma il pregiudizio sul centro-destra permane. Non c'è in Moody's una disamina di come le cose potrebbero evolvere a livello continentale e globale, ma appare solo una fideistica accettazione del Pnrr come è stato costruito, senza pensare alle prospettive macroeconomiche e agli scenari delle materie prime, gas in testa, che coi loro prezzi possono sconvolgere i prezzi, e della politica monetaria della Banca centrale europea che influenzerà, e non poco i rendimenti dei titoli come il Btp.
Del resto, Moody's è isolata nel definire come principale possibile causa di crisi le politiche del centrodestra. Per Dbrs Morningstar, le diversità di agenda tra Draghi e Meloni non saranno decisive. "Un governo di destra non altererà in modo significativo i fondamenti economici dell'Italia": lo ha affermato Dbrs Morningstar in un rapporto sul voto italiano pubblicato a caldo dopo la vittoria della coalizione di centrodestra L'agenzia assegna all'Italia un rating BBB con outlook stabile.
"Il nuovo esecutivo sarà probabilmente meno riformista e più protezionista del governo Draghi, ma non prevediamo - sottolinea Dbrs - un completo deragliamento del programma di riforme né un cambiamento drammatico nella strategia fiscale generale. Il probabile governo guidato da Meloni dovrebbe attuare politiche che non alterino in modo significativo i fondamentali economici dell'Italia", inserendosi nel quadro della normale alternanza democratica.
S&P Global Ratings è a sua volta intervenuta mettendo in evidenza come lo spazio di manovra di bilancio risulti "limitato" per l'Italia fra un rapporto debito/pil che dovrebbe attestarsi alla fine del 2022 poco sotto il 138% e un deficit previsto quest'anno al 6,3%. "Nonostante questo non anticipiamo imminenti rischi di bilancio dalla transizione al nuovo governo", osserva S&P prevedendo una "recessione lieve" per il Belpaese nel 2023 con il pil calo dello 0,1%. Per il 2024 è previsto un pil in crescita dell'1,5%.
Fitch, infine, pone l'accento del problema europeo sul rischio che le banche centrali che nel recente passato sono state coinvolte da programmi di acquisto di debito come il quantitative easing si trovino di fronte a perdite sul portafoglio di titoli per effetto del rialzo dei tassi. Questo per l'agenzia "potrebbe indebolire la loro capacità di contribuire alle entrate dei Governi" che di solito avviene tramite la redistribuzione degli utili e "c'è il rischio che in alcuni casi gli emittenti sovrani siano chiamati a ristabilire le posizioni patrimoniali delle banche centrali". Il problema è identificato come europeo, non come strettamente italiano. Moody's appare, in quest'ottica, pregiudiziale contro Roma, mentre tutti gli osservatori del mondo anglosassone si tengono cauti e aspettano le mosse del nuovo governo.
Consci che l'Italia vive un momento difficile ma anche del fatto che non è l'esito delle urne, dunque la normalità democratica del Paese, a rappresentare certamente una minaccia per un'economia già assediata da bollette alle stelle e inflazione galoppante.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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