L'Italia è in buona salute: lo sgambetto di Moody's per ora non preoccupa

Peggioramento delle prospettive ingiustificato per gli esperti. Fitch: "Il Pnrr non è a rischio"

L'Italia è in buona salute: lo sgambetto di Moody's per ora non preoccupa

Il giorno dopo la revisioni al ribasso delle prospettive del rating italiano da parte di Moody's occorre interrogarsi sulla genuinità di questa presa di posizione che anticipa di circa due mesi la revisione del giudizio sul nostro Paese. E per scevrare l'analisi da qualsiasi ombra di parzialità si può partire da quello che realmente non funziona nell'economia per poi formulare una critica fondata.

Innanzitutto, l'analisi di Moody's si basa sui timori di un'inversione del ciclo macroeconomico molto più repentina di quanto oggi possiamo attenderci, un'ipotesi non da escludere. L'aumento dei prezzi dell'energia è destinato a non rientrare nel breve periodo. Sebbene l'Italia non sia dipendente dal gas russo come la Germania e abbia attuato alcune parziali contromisure (riattivazione delle centrali a carbone, risparmi e devoluzione di gran parte dell'extragettito fiscale a calmierare il costo della vita), l'inflazione può continuare a deprimere la fiducia di imprese e cittadini riducendo investimenti e consumi. Questo porterebbe a una minore crescita del Pil e a maggiori difficoltà nel sostenere un debito da oltre 2.700 miliardi. Uno scenario che riguarda anche Paesi meno in difficoltà del nostro come la Francia e la stessa Germania.

Il secondo timore di Moody's riguarda l'implementazione del Pnrr e delle sue riforme. Se il clima macroeconomico dovesse peggiorare, sarebbe infatti fondamentale spingere sugli investimenti finanziati dall'Europa. Restando equidistanti dai due schieramenti, non dovrebbe esserci timore giacché centrodestra e centrosinistra hanno confermato l'impegno ad attuare il Piano. Tuttavia, osserva l'agenzia di rating, minori introiti da Bruxelles potrebbero generare un rischio spread senza che sia stata testata l'efficacia dello scudo della Bce. Preoccupazioni che, però, sarebbero state ancor più giustificate in caso di elezioni al termine della legislatura, magari al termine di una sessione di bilancio complicata dalle rivendicazioni dei due schieramenti.

Ed è qui che sorge il sospetto circa la «neutralità» di Moody's: tagli alle tasse e aumenti per le pensioni minime sono giudicati con preoccupazioni nonostante il centrodestra si sia premurato, prima di tutto, di far sapere ai mercati che ogni promessa elettorale avrà una propria copertura finanziaria. «Le elezioni politiche sono un passaggio normale in qualsiasi democrazia: l'Italia è in grado, e sarà in grado anche con il futuro governo, di tenere fede agli impegni di consolidamento economico ed alle riforme strutturali che ha già intrapreso in maniera seria», ha dichiarato ieri il sottosegretario leghista all'Economia, Federico Freni.

«Il lavoro del governo Draghi era diventato difficile» per discrepanze nella coalizione, ha commentato Michele Napolitano, capo dei rating sovrani Europa Occidentale dell'agenzia Fitch, evidenziando che sono «meglio elezioni anticipate di un governo paralizzato». Fitch non prevede terremoti nelle politiche economiche e fiscali, perché «Pnrr e Next Gen Eu resteranno una priorità per qualsiasi governo, di qualsiasi colore», ha aggiunto rimarcando che «Lega e Forza Italia hanno sostenuto il governo Draghi per mesi ed è difficile immaginare che ne sconfesseranno le politiche».

Insomma, quella di Moody's potrebbe essere stata un'entrata a gamba tesa? Rispondere non è semplice ma un Draghi-bis (qualunque fosse l'esito delle consultazioni) non dispiacerebbe né a Wall Street né a Bruxelles. «Se vogliamo aiutare le nostre imprese e i nostri mercati dovremmo smetterla di urlare al fuoco al fuoco rischiando di influenzare negativamente chi fa valutazioni sul nostro Paese.

Facciamo parlare i fatti e liberiamo il nostro paese dai pregiudizi che non ne hanno fatto crescere il rating di affidabilità neppure nei mesi scorsi e neppure con una personalità riconosciuta come quella di Mario Draghi», ha tagliato corto Carlo De Simone, docente di economia alla Luiss.

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