Le acquisizioni in America latina costringono la Parmalat a trazione francese a lanciare un nuovo allarme profitti. «Gli inattesi e recenti rialzi del costo della materia prima e le forti tensioni in ambito commerciale legate ai necessari adeguamenti dei prezzi di vendita da parte delle aziende produttrici inducono a previsioni in flessione, stimate nell'intorno del -1% in termini di fatturato netto e in un range compreso tra -3% e 0% in termini di ebitda», spiega il gruppo alimentare controllato da Lactalis e da settembre guidato da Jean Marc Bernier (nella foto). L'anno scorso Parmalat ha già rivisto due volte di seguito al ribasso la guidance (per l'ebitda da un aumento del 3-5% a un calo del 3-5% e poi chiuso l'anno a -4,5%). Ma a maggio aveva confermato le indicazioni date con i conti 2017 di una crescita del fatturato netto dell'1,5% circa e del mol del 3-5% circa, a tassi di cambio e perimetro costanti ed escludendo la consociata Venezuela. All'assemblea del 19 aprile, l'ad Bernier aveva inoltre definito «realizzabile» una crescita dell'ebitda tra il +3 e il +5%, pur prevedendo un primo semestre ancora difficile.
A fine 2016 i francesi avevano promosso (senza successo) un'opa finalizzata all'uscita dalla Borsa ad un prezzo (prima 2,80 poi 3 euro) ritenuto basso dagli azionisti di minoranza. Il titolo per buona parte del 2017 ha quotato intorno a 3,2 euro fino a quando nel giro di meno di due mesi (tra settembre e novembre 2017) la società ha appunto abbassato le previsioni. E il titolo oggi è a 2,84 euro. L'azionista di maggioranza potrebbe non esserne dispiaciuto visto che se il prezzo delle azioni si abbassa costerà meno un eventuale acquisto delle quote da parte di Lactalis per superare la soglia del 90% (ora è all'89,3%) necessaria per togliere Parmalat dal listino.
Nel frattempo, dalle pieghe della semestrale, chiusa con un calo del fatturato a 3 miliardi (-7,3%) e dell'ebitda a 146,6 milioni (-20%), si legge che Parmalat ha sottoscritto una linea di
finanziamento revolving da 100 milioni con un primario gruppo bancario italiano «alla luce dei possibili nuovi impegni finanziari derivanti dalla crescita per acquisizioni». Le stime si abbassano ma lo shopping continua.
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