Il passo indietro di Doris dalla "sua" Mediolanum

Il fondatore lascia la presidenza: "Passaggio formale, ho altri progetti". Il consiglio lo proporrà "onorario"

Il passo indietro di Doris dalla "sua" Mediolanum

Ennio Doris si è dimesso dalla presidenza di Banca Mediolanum lasciando il testimone dell'istituto da lui fondato nel 1982 al figlio Massimo. Si tratta dell'ultimo capitolo, formale, del processo preparato gradualmente nel corso degli anni posto che Massimo Doris è diventato ad e direttore generale del gruppo nel 2008 per poi subentrare al padre anche nel ruolo di testimonial tv di Banca Mediolanum a partire dal 2014.

«Il cda di Banca Mediolanum ha preso atto delle dimissioni dalla carica di presidente e di amministratore rassegnate dal fondatore Ennio Doris», ha comunicato ieri l'istituto controllato dalla famiglia Doris con il 40% e partecipato da Fininvest con il 30 per cento. «Superando la soglia degli ottant'anni penso sia venuto il momento di ridurre almeno in parte il mio impegno quotidiano con la banca», ha spiegato il banchiere che, parlando con Radiocor, ha sottolineato come l'uscita altro non rappresenti che «un passaggio formale» e ha evidenziato di avere «altri progetti per il futuro». L'imprenditore è impegnato nel terzo settore con diversi progetti, come ad esempio, tra gli ultimi finanziati, Il senso del pane. Consiglio di amministrazione e collegio sindacale di Mediolanum peraltro hanno già proposto «unanimi la nomina di Ennio Doris a presidente onorario, nomina da effettuarsi in occasione di una prossima assemblea degli azionisti che sarà chiamata a deliberare le modifiche statutarie, già approvate dal cda, al fine di prevedere tale figura».

La sostituzione del presidente sarà invece «oggetto di prossime deliberazioni, con il supporto delle preventive valutazioni del comitato nomine e governance della banca», si legge nel comunicato stampa diffuso dal gruppo. Già si parla di un cda straordinario per fine settembre.

Doris è poi intervenuto sulla battaglia in corso per il rinnovo del vertice delle Generali, che vede da un lato schierata Mediobanca (di cui Mediolanum, oltre a partecipare al patto light, ha il 3,3% del capitale) e dall'altro Francesco Gaetano Caltagirone (salito ieri al 6,2% del Leone), Leonardo Del Vecchio e Fondazione Crt, che hanno dato vita a un patto di consultazione sul 12,43% della compagnia assicurativa. «Da imprenditore capisco a fondo le istanze e la visione di Del Vecchio e Caltagirone», ha sostenuto il fondatore di Mediolanum per poi però sottolineare, auspicando in tutte le public company la ricerca di un maggiore equilibrio tra gli interessi dei grandi soci e l'indipendenza del management: «Sono da sempre per le mediazioni piuttosto che per gli scontri. È innegabile che i risultati di Alberto Nagel in Mediobanca siano molto positivi, così come quelli di Philippe Donnet alla guida delle Generali».

È proprio l'eventuale terzo mandato di Donnet il tema di maggiore attrito tra Piazzetta Cuccia, che insieme a De Agostini punta, per il rinnovo del board di Trieste, su una lista del cda guidata da Donnet e i pattisti che, con l'accordo del 10 settembre, hanno messo in discussione la leadership di Mediobanca.

In merito ieri è emerso che Crt, nella richiesta di ingresso al patto ha aderito «incondizionatamente e irrevocabilmente a tutti gli effetti di legge del patto già in essere». Intanto prosegue la conta dei titoli in vista del comitato nomine di Generali del 24 e del board del 27 che dovrebbe deliberare l'avvio dei lavori per la lista del consiglio.

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