Una sorta di «atto dovuto». La richiesta avanzata dai commissari straordinari di Ilva di dissequestrare l'area a caldo è l'ultima chance che permetterebbe allo Stato di onorare il contratto che ne prevede la salita al 60% di Acciaierie d'Italia attraverso Invitalia. Un'ipotesi che come anticipato da il Giornale sfumerebbe se il dissequestro non avvenisse.
Secondo l'accordo del dicembre 2020, poi integrato nella primavera del 2021, il 31 maggio 2022 Invitalia dovrebbe salire al 60% nella NewCo Acciaierie d'Italia la quale, al termine del contratto di affitto, acquisirà gli asset dell'ex Ilva al momento sotto gestione commissariale. Un netto cambio di passo visto che oggi Invitalia detiene il 38% del capitale di Acciaieria d'Italia (cui corrisponde il 50% dei diritti di voto in assemblea) e la salita nel capitale sarebbe propedeutica al piano di decarbonizzazione annunciato dal governo per salvare Taranto. Il dissequestro penale è, però, una delle condizioni contrattuali poste per il riassetto.
E non è finora avvenuto perché non è stata ancora depositata presso la Corte d'Assise di Taranto la motivazione della sentenza Ambiente Svenduto del maggio 2021 che ha condannato a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell'Ilva e a 3 anni e mezzo di reclusione l'ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. Sentenza che ha disposto la confisca degli impianti. Nonostante manchino le motivazioni, «i commissari - spiega una fonte hanno deciso di procedere con la richiesta di dissequestro consapevoli del fatto che sugli impianti in questione è stato fatto il 95% delle bonifiche previste e non si tratta più, a livello inquinante, degli stessi impianti oggetto di sequestro». L'istanza di 26 pagine è stata redatta da Angelo Loreto e Filippo Dinacci, legali della gestione commissariale nella consapevolezza che uno spiraglio, seppur minimo, esiste.
Certo i tempi sono strettissimi ed è molto probabile che il contratto che prevede la salita dello Stato nel capitale venga congelato con una proroga.
Ulteriore incertezza per Taranto e l'acciaio italiano già alle prese con una profonda crisi.
Intanto, a margine, si è aperto uno spiraglio per i i 44 licenziamenti, su 87 dipendenti, annunciati dall'azienda metalmeccanica Lacaita dell'indotto siderurgico ex Ilva, ora Acciaierie d'Italia, per gravi difficoltà finanziarie. L'azienda appaltatrice, che ha già avviato la procedura di licenziamento, ha deciso di «congelare» i licenziamenti per verificare possibilità alternative o l'utilizzo degli ammortizzatori sociali.
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