Si preannunciano tre mesi di fuoco sul fronte energia, quelli da qui a fine anno. Perché dopo i rincari sulle bollette - +29,8% sull'elettricità, +14,4% sul gas - che scatteranno il primo ottobre, esiste il rischio che quest'inverno arrivino dei veri e propri black out.
Da un lato, Pechino sta già rallentando le proprie fabbriche, dunque le importazioni subiranno un calo. Dall'altro, la mancanza di energia potrebbe comportare un taglio della crescita - a causa della riduzione delle attività produttive - e un aumento dell'inflazione, provocata dalla lievitazione dei prezzi. A completare il quadro negativo, il rigido inverno dello scorso anno ha esaurito le scorte e Paesi come la Norvegia, in assenza di venti sferzanti a sufficienza, non sono riusciti a sfruttare le fonti di energia rinnovabile. La soluzione, secondo alcuni, sta nel "distruggere la domanda", ovvero nel ridurre il consumo. Semplice a farsi in Cina, dove il governo centrale ha ordinato lo spegnimento delle centrali elettriche, decisamente meno in altri Paesi. La stangata sulle bollette si tradurrà, per ogni famiglia, in un aumento della spesa annuale di 184 euro per la luce e 171 per il gas, 355 euro in tutto. Balzo che il governo Draghi ha attutito con uno stanziamento di oltre 3 miliardi di euro per l'ultimo trimestre del 2021. Risorse che andranno perciò rifinanziate all'inizio del prossimo anno.
A preoccupare è lo scenario di medio-lungo termine. Il rincaro delle materie prime e la galoppante accelerazione post-pandemica della domanda richiedono interventi che tamponino il problema bollette su un orizzonte ben più lungo di qualche mese. Secondo l'Autorità di regolamentazione per energia reti e ambiente (Arera), sono necessari "interventi strutturali", in assenza dei quali sono più che probabili nuovi rincari. Non solo per gas e luce, ma anche per beni di prima necessità come pane e pasta, il cui prezzo è influenzato da quello delle materie prime e dalla disponibilità di energia. "La scarsità di materie prime - ha spiegato al Corriere della Sera Marco Lavazza, presidente di Unione Italiana Food - e il loro conseguente aumento dei prezzi, che colpisce anche l’approvvigionamento di energia, potrebbero compromettere la ripartenza. Solo per fare alcuni esempi, il prezzo del caffè verde è aumentato del 50% da inizio anno, i prezzi dei cereali sono ai massimi dagli ultimi 10-15 anni, lo zucchero grezzo sul mercato mondiale è cresciuto del 25%, il prezzo del petrolio al barile è cresciuto del 77% da settembre 2020. Sono problemi che mettono a dura prova le aziende, scoraggiando gli sforzi di tanti imprenditori che arrivano da un anno e mezzo di incertezza".
Secondo Lavazza, i tre fattori che più pesano sull'andamento in rialzo dei prezzi sono la pandemia, le speculazioni sulle materie prime (anche alimentari) e i problemi climatici che alterano imprevedibilmente i raccolti. "Le conseguenze per i consumatori - conclude - dipenderanno dai comportamenti delle singole aziende e della filiera, in cui ci sono tanti attori.
Noi, trasformatori e produttori, siamo disposti a sederci a un tavolo con gli agricoltori e la grande distribuzione per prendere decisioni di filiera con gli altri attori. Ma le tensioni sui prezzi sono forti, è plausibile che qualche aumento possa esserci"- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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