"Per il risparmio delle famiglie ci vuole un progetto Paese"

Volpato di Banca Medionalum: "Bene la Mifid 2, ma da sola non basta: bisogna fare sistema per dare nuove risposte ai bisogni finanziari degli italiani"

"Per il risparmio delle famiglie ci vuole un progetto Paese"

Il 2018 dei mercati è iniziato sotto il segno della «Mifid 2». Che non è una creatura immaginaria o una serie tv, ma una direttiva europea per i risparmiatori. Obiettivo: migliorare trasparenza dei costi e comunicazione. È così?

«Sì è così, ma il discorso è molto più complesso», risponde Stefano Volpato, direttore commerciale di Banca Mediolanum. Dopo un 2017 record per la raccolta di fondi e Pir, non solo per Mediolanum, ma per l'intero sistema, Volpato intende continuare anche nel 2018. E proprio per questo gli chiediamo di spiegare cosa sta cambiando nel rapporto tra le famiglie italiane e il risparmio gestito.

Da dove partiamo per chiarire la complessità del discorso su mercati, soldi e Mifid 2?

«Diciamo che di sicuro non può esistere una relazione che non si fondi sul rispetto del cliente. Quindi, chi come noi opera nel settore non può che essere entusiasta di una nuova direttiva in questo senso. Ma il problema è che, come in tutte le cose, serve fare attenzione all'utilizzo che gli operatori ne faranno».

La Mifid 2 obbliga a fare chiarezza sui costi trasferiti sui risparmiatori, giusto?

«Giusto. Ma c'è il rischio che si produca un po' di confusione quando, anziché presentare al risparmiatore il quadro d'insieme, ci si concentra solo su un aspetto, per l'appunto i costi».

Il quadro d'insieme?

«Il tema dell'efficienza è imprescindibile, ma è legato a una questione più grande: dov'è oggi il valore per l'investitore? Voglio dire che negli ultimi due anni sono avvenute vere e proprie rivoluzioni di fronte alle quali il risparmiatore è impreparato».

Quali rivoluzioni?

«Pensiamo alla legge sul bail in, che permette alle banche di fallire: mai successo prima. O ai tassi d'interesse, diventati negativi: secondo la serie storica tenuta dalla Banca d'Inghilterra fin dal 1694 è una situazione senza precedenti. Sono circostanze a cui non siamo ancora abituati e lo dimostra il fatto, ricordato anche da recenti statistiche, che il 75% della ricchezza degli italiani è investita in conti correnti o obbligazioni a breve».

Che significa?

«Che il contributo che il nostro patrimonio dà all'esigenza di soddisfare i nostri bisogni è quasi zero: inesistente. In un contesto in cui le esigenze del risparmiatore, delle famiglie, si sono dilatate. È cambiata la struttura dei bisogni. Le faccio un esempio tra tanti: l'aspettativa di vita. Oggi un uomo di 70 anni ha una speranza di vita media di altri 16. È straordinario. Ma allo stesso tempo si dilatano le sue esigenze. Allora, con i tassi attuali, serve ragionare per accumulare un capitale adeguato. E per fare questo serve qualcuno che ti prenda per mano».

Un consulente finanziario. Ma così sta tirando l'acqua al suo mulino.

«Sto cercando di mettere le cose nella loro corretta dimensione. Certo che serve un consulente. E bene fa la Mifid 2 a imporre trasparenza nel rapporto con il cliente. Ma dobbiamo capire dove sta il valore. La domanda non è solo: Quanto costa?. Ma è soprattutto: Quanto vale?. Perché io dico che se hai un consulente scarso lo pagherai sempre troppo; se invece è bravo non lo pagherai mai abbastanza».

Quindi cosa serve, oltre alla direttiva?

«Mifid dovrebbe essere la scusa perché tutti i protagonisti del settore, del risparmio si mettano a fare sistema. Serve un «progetto Paese». Un'occasione per far sì che la ricchezza ci faccia vivere meglio. Non lasciamo che sia un evento isolato».

Proposte concrete?

«Cogliamo l'opportunità e mettiamo nella scuola dell'obbligo educazione e informazione finanziaria. La pianificazione dei bisogni della famiglia è imprescindibile nell'istruzione dell'uomo contemporaneo e nella difesa della famiglia stessa. Voglio ricordare che negli ultimi anni sono stati assegnati due premi Nobel per l'Economia a studi sulla finanza comportamentale. Vorrà dire qualcosa, o no? Eppure questi riconoscimenti sono passati quasi inosservati».

Risparmio come valore centrale della famiglia?

«Direi proprio di sì. E bisogna capire bene perché. Poi arrivano anche il prodotto finanziario e quanto costa. Ma sono gli ultimi anelli della catena. La Mifid si occupa di questi.

Ma bisogna mettere il focus sugli anelli precedenti e serve una maggiore sensibilità da parte degli attori in campo: chi ci governa deve generare informazione e cultura finanziaria; chi fa comunicazione la deve diffondere; e chi fa il mio mestiere deve aiutare le famiglie a realizzare i propri progetti di vita».

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